TORRE DI RUGGIERO (CZ) – Omicidio Corrado, si cerca l’arma del delitto
In mezzo al dedalo delle supposizioni, al momento, due sole certezze: che a sparare è stata una sola arma e che il delitto è maturato fuori da contesti mafiosi
di Franco Polito
TORRE DI RUGGIERO (CZ) – 20 OTTOBRE 2014 – E’ un lavoro alacre e certosino quello che sta vedendo impegnati i carabinieri della compagnia di Soverato, a cui il sostituto procuratore della Repubblica di Catanzaro Andrea Mancuso, titolare del caso, ha affidato le indagini per fare luce sull’omicidio di Francesco Corrado, il pastore 52enne ucciso nella notte tra venerdì e sabato scorsi mentre con il suo gregge faceva ritorno a casa.
I militari non stanno lasciando nulla al caso. Seguono qualunque pista in un’indagine della quale trapela poco o nulla. Da quello che siamo riusciti ad apprendere, sembra che la morte di Corrado sia da collocare fuori da contesti strettamente mafiosi. Gli inquirenti, per ora, sembra si stiano muovendo nell’ambito delle frequentazioni del pastore. Ed è anche per questo che hanno ascoltato la moglie, i fratelli e i conoscenti.
Ogni particolare, anche quello più insignificante, può essere quello buono per fare luce sul delitto. Si scava anche nel passato di Corrado. Carattere difficile e introverso, con diversi reati alle spalle, in estate era rimasto coinvolto in una rissa con altri agricoltori del comprensorio. All’inizio pareva essere una via concreta da seguire, ma col passare del tempo i carabinieri hanno virato verso altre direzioni d’indagini senza escludervi, ovviamente, un ritorno.
Come sembrano non escludere la possibilità che il pastore abbia potuto pagare il fatto di essere stato testimone di qualche episodio delittuoso. Ipotesi che, assieme alle altre, rendono complicata la composizione del mosaico in cui è maturato l’omicidio. Un assassinio consumato nella stradina dell’acquedotto di Gerè, in contrada Missà. Zona faticosa, difficile da raggiungere e lontana dal centro abitato di Torre. Praticamente a due passi dal territorio di Vibo Valentia.
E’ lì che è entrato in azione il fucile che ha ucciso Corrado. Due colpi alle gambe. Secchi, potenti, come confermato dal referto del medico legale del Policlinico universitario di Germaneto, capaci di maciullargli le gambe e farlo morire, lentamente, dissanguato.
Forse la sola certezza, assieme al fatto che a sparare sia stata una sola arma, in mezzo al dedalo delle supposizioni. Dopo il ritrovamento delle due cartucce, nascoste dietro un cespuglio, i carabinieri stanno setacciando il territorio alla ricerca del fucile per verificarne la corrispondenza alle pallottole. I controlli sono estesi ai Comuni limitrofi a quello torrese. Si tratta di indagini fitte e senza sosta, partite sin subito dopo l’omicidio con una serie di perquisizioni personali, domiciliari e blocchi stradali.
Ricerche e perquisizioni che sono proseguite nella mattinata di ieri e di oggi. I carabinieri della Compagnia di Soverato e quelli della stazione di Cardinale, strettamente competente per territorio, hanno operato con il supporto dei colleghi del Gruppo Operativo Cacciatori Calabria (Goc) di Vibo Valentia. Nelle mire lavatoi, casolari e ogni angolo di un territorio inaccessibile, che complica non poco le indagini.
Ecco perché ci vorrà tempo e fatica per venire a capo del rebus. Non solo difficoltà e ostacoli, però. A dare una mano ai carabinieri durante le ricerche di Corrado subito dopo la denuncia di scomparsa della moglie e durante le fasi di ritrovamento del cadavere, sia il personale del Corpo Forestale dello Stato sia alcuni cittadini di Torre che conoscono bene il territorio. A loro dalla Compagnia di Soverato va un ringraziamento particolare.