FALSI DIPLOMI NEL VIBONESE, CHIESTO RINVIO A GIUDIZIO PER 72
Anche ispettore Miur ed ex dirigente Ufficio scolastico Calabria
Fonte: ANSA.IT CALABRIA
VIBO VALENTIA – 23 MARZO 2023 – La Procura di Vibo Valentia ha chiesto il rinvio a giudizio per 72 persone indagate nell’inchiesta sull’Accademia Fidia “Ars & Scientia” di Stefanaconi in relazione ad un presunto traffico di diplomi falsi rilasciati dall’istituzione accademica dal 2014 in poi.
L’inchiesta ha preso le mosse dalla scoperta, nel luglio 2020, di un arsenale di armi e oggetti riconducibili ad attività massoniche in un’abitazione contigua alla sede dell’istituto scolastico.
Il Gup di Vibo Valentia Francesca Loffredo, sulla scorta della richiesta avanzata dal pm Ciro Luca Lotoro e dal procuratore Camillo Falvo, ha fissato la data dell’udienza preliminare per il 5 maggio prossimo.
Tra gli indagati, residenti in tutta Italia, c’é il dirigente del ministero dell’Istruzione, Maurizio Piscitelli, di Casalnuovo di Napoli, che all’epoca dei fatti, sui quali hanno indagato i carabinieri del Nucleo investigativo di Vibo, si occupava del controllo e dell’ispezione degli istituti di formazione accreditati dal Miur. Coinvolti anche Maria Rita Calvosa, di Roma, ex direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale della Calabria; Vito Primerano, dirigente vicario dello stesso ufficio, e Incoronata (Nadia) Bax, ex assessore e consigliere comunale di Vibo.
L’inchiesta ruota attorno all’attività dell’accademia Fidia.
Nell’elenco degli indagati figurano il preside e fondatore dell’istituto vibonese, Michele Licata; i figli Davide, Jgor e Dimitri; la nipote Michela e la nuora Rossella Marzano.
Dalle indagini emerge, secondo l’accusa, un’associazione per delinquere che avrebbe costituito apposite società per rilasciare le certificazioni false che avrebbero consentito ai destinatari di partecipare a concorsi pubblici per personale docente e tecnico-amministrativo.
L’altro elemento che l’inchiesta della Procura di Vibo Valentia ha evidenziato riguarda la presunta commistione tra chi doveva controllare e chi invece è diventato complice del “sistema” che sarebbe stato costituito, generando, a detta dell’accusa, corruzione e ingenti guadagni.