CHIESETTA DI PANAJA A STALETTÌ, SERVE IL “CORAGGIO” PER LA “RIGENERAZIONE”
Sul piano del recupero buone notizie sono arrivate tramite il finanziamento del progetto denominato “Terre di Cassiodoro”, finanziato con 1.900.000,00 euro
di Salvatore CONDITO
– STALETTÌ (CZ) – 17 GENNAIO 2025 – I Beni culturali devono tornare ad essere al ‘centro’ di un programma che deve portare Caminia a diventare il fulcro di un nuovo turismo in cui i bene archeologici diventano fonte di attrazione e benessere.
Tra i beni di questo territorio spicca l’importanza della Chiesetta di Panaja che si trova ai piedi di una falesia di roccia granitica compresa tra la ferrovia Reggio Calabria – Metaponto e la strada statale 106 jonica. Sin dagli anni Cinquanta del XX secolo erano visibili soltanto la cresta del muro occidentale con parte del catino absidale dell’edificio.
Una prima esplorazione di emergenza, effettuata nel 1991, grazie al progetto Cassiodoro presentato all’epoca dall’Amministrazione del Sindaco Raffaele Rachetta, con Assessore alla Cultura Domenico Condito, che riusci a far intervenire per un saggio l’archeologa Ghislaine Noyè per conto della Soprintendenza Archeologica della Calabria, mise in luce parte del potente muro laterale Nord-Ovest (spesso. m 1,55) che prolungava l’abside e che risultò parzialmente distrutto in antico dal crollo di un masso granitico.
L’impressione fu che la cortina muraria fosse antecedente alla parete in cui si apriva l’abside e che una struttura più antica fosse stata riutilizzata per la sistemazione di una chiesa medievale.
Il sito è stato oggetto di una nuova campagna di scavo nel 2017 che ha consentito di verificare che i resti sono pertinenti ad una piccola chiesa ad aula unica rettangolare (m 7,70 x 4,60) desinente con un’abside semicircolare profonda m 1,00.
I muri perimetrali conservano in diversi tratti un alzato apprezzabile (il muro orientale raggiunge un’altezza max di m 2,50).
L’orditura muraria è realizzata con blocchi sbozzati di granito uniti a grossi ciottoli di fiume legati da malta di calcia e sabbia. L’edificio presenta un ingresso sul lato meridionale ed all’interno lo spazio risulta ripartito in due ambienti, verosimilmente spazi liturgici, da un setto murario trasversale che divide pressoché a metà l’intera aula.
Alla luce dei dati di scavo, la chiesa dovrebbe essere stata realizzata nel XIII secolo con fasi di vita che si protraggono almeno fino al XVII secolo, periodo in cui la chiesa continua a funzionare come oratorio.
Nei due secoli successivi l’edificio viene abbandonato e spogliato.
L’azione di eventi fortemente distruttivi, registrati dallo scavo per le fasi più recenti di abbandono e degrado, potrebbe essere collegata anche al forte terremoto del 1783 i cui danni furono significativi per quest’area della costa ionica.
Sul piano del recupero comunque buone notizie sono arrivate tramite il finanziamento del progetto denominato “Terre di Cassiodoro”, finanziato con 1.900.000,00 euro è stato realizzato dal comune di Squillace in rete con altri comuni del circondario, con il coinvolgimento anche di Stalettì con capofila il comune di Montepaone e prevede la creazione di un cammino intercomunale e la realizzazione di una serie di servizi a supporto dei turisti e l’abbellimento e l’animazione dei territori coinvolti.
Proprio su questo finanziamento è intervenuta su facebook l’archeologa Chiara Raimondo che ha affermato: “È imminente l’inizio dei lavori.
Stiamo solo aspettando nulla osta del Ministero dei beni Culturali nell’ambito del CIS Terre di Cassiodoro, progetto fortemente voluto dall’amministrazione Mercurio che sta trovando conclusione della progettazione in questi giorni”.
Un progetto comunque sostenuto e portato avanti dalla nuova amministrazione comunale guidata dal Sindaco Mario Gentile.
Caminia per le sue spiagge bianche, la grotta di San Gregorio rappresenta un ‘unicum’ in cui la natura ha espresso il massimo della bellezza, un luogo in cui i sensi si incantano per perdersi nel mare cristallino.
Da diversi anni si parla di progetto di ‘rigenerazione’ , che indubbiamente non dovrebbe essere solo inteso come recupero urbano ma avere il ‘coraggio’ di una visione in cui economia ambiente e archeologia si sposano in un matrimonio che possa creare sviluppo e miglioramento della qualità di vita.
Oggi occorre porsi un interrogativo: uscire dal passato per guardare un futuro nuovo in cui la comunità diventi gestore dei suoi beni creando armonia e benessere.