14 Dicembre 2015
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AMARONI (CZ) – SANTA LUCIA E L’ANTICO FASCINO “DO BAGAGGHIJADDHU”
Rinnovata la tradizione del caratteristico e unico ballo che unisce sacro e profano
di Franco POLITO
AMARONI (CZ) – 14 DICEMBRE 2015 – E’ uno degli esclusivi tratti caratteristici della “Cittadina del Miele”. Una tradizione unica nella Provincia di Catanzaro, capace di ripetersi ogni anno con rinnovato entusiasmo.
Tra il sacro e il profano, il ballo “do Bagagghijaddhu e da zzia Rachela” arricchisce di folklore la festa di Santa Lucia. Dopo quelli per la patrona Santa Barbara e l’Immacolata, i riti religiosi in omaggio alla protettrice della vista concludono il “Triduo” di festività che aprono le celebrazioni per il Natale.
E anche sera di sabato scorso all’anfiteatro Nicolas Green la tradizione ha rispettato il suo corso. Complice l’aria frizzante delle alture circostanti, il consueto bagno di folla radunatosi per l’occasione ha assistito ad uno spettacolo coinvolgente quanto il suo fascino antico.
Lo stesso del primo ballo “do Bagagghijaddhu e da zzia Rachela”, ideati e costruiti in epoca risalente da Peppino Muzzì e da suo figlio Luigi. Il copione, apparentemente identico, nasconde una trama sempre nuova fatta di emozioni del tutto diverse rispetto a quelle del passato. A cominciare dall’attesa che precede l’evento alla convivialità che si crea tra chi assiste.
I più provetti ballerini del paese si contendono i due balli. Un’ apposita commissione li attribuisce a coloro che offrono la maggiore somma di denaro. Scatta una vera e propria asta. Il banditore urla. I contendenti si sfidano a colpi di offerte di denaro. Chi propone quella più alta ha l’onore di caricarsi sulle spalle il “Bagagghijaddhu”, un asinello di cartapesta, realizzato su uno scheletro di canne con una sigaretta in bocca ed una grossa testa contenente una piccola bomba, le cui redini sono tenute da un contadino.
Comincia il ballo. Il ballerino lo ruota, saltellando a suon di musica. La folla lo incita. Un fumo di diverso colore si sprigiona dalla sigaretta del “pupazzo”. Il ritmo sale incalzante fino alla fine che coincide con lo scoppio prima della testa dell’asinello e poi di quella del contadino. La gente va in delirio.
Ma non c’è tregua. Il ballerino classificatosi secondo nell’incanto si carica sulle spalle “a zzia Rachela”, un altro “pupazzo”, che ha la forma e la sostanza di una bambola di cartapesta, a metà busto, con una sigaretta in bocca che sprigiona fumo di diverso colore al momento dell’accensione.
Ricomincia la danza. Incalzante e cresce come la prima. Il ballerino ruota e con il suo “fardello”. La folla, impazzita, batte le mani e detta il ritmo fino al culmine del ballo. Quando arriva, anche la testa da “zzia Rachela” scoppia.
L’apoteosi raggiunge il massimo. Le urla si mischiano alle urla. Gli applausi diventano un altro spettacolo. La festa finisce. Ma siamo ancora all’inizio. Si aspetta Natale e i bagordi di Capodanno e dell’Epifania.