20 Giugno 2020
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PRESUNTA USURA NELLE PRESERRE CATANZARESI, LE PRECISAZIONI DELL’AVVOCATO FABIO TINO
Riceviamo e pubblichiamo le precisazioni integrali dell’avvocato Fabio Tino in replica alla ricostruzione dell’arresto di un suo assistito risultante da una nota stampa dei carabinieri datata 11 giugno 2020:
PRESERRE (CZ) – 20 GIUGNO 2020 – Gentile Redazione,
in merito all’articolo pubblicato dalla vostra testata giornalistica l’11.06.2020, ed intitolato “PRESTA A IMPRENDITORE 5MILA EURO E CHIEDE LA RESTITUZIONE DI 40MILA ARRESTATO 54ENNE NELLE PRESERRE”, è necessario fare alcune precisazioni.
E’ doveroso farle per ripristinare la verità dei fatti, e quindi tutelare la dignità e l’onorabilità del mio assistito invocando il diritto di replica, ed il rispetto di quel principio (una volta) cardine del nostro ordinamento giuridico – e oramai dimenticato – di innocenza sino a che non intervenga una (solo eventuale) condanna definitiva.
La notizia dell’arresto, infatti, descrive – come fossero certe – circostanze allo stato non provate né documentate, oltre che rivelate – come da prassi – in assoluta violazione del principio di segretezza delle indagini.
Sarebbe stato opportuno precisare, quanto meno, che si procede sulla base di dichiarazioni del denunciante.
Queste, in quanto provenienti da persona portatrice di un evidente interesse e vantaggio economico sotteso alla denuncia, acquisteranno valore solo in presenza di riscontri oggettivi di quanto sino ad ora asserito.
Così come (aggiunge sempre il sottoscritto) la magistratura certamente effettuerà una valutazione della personalità del denunciante, non solo di quella dell’indagato!
Quello che non è ammissibile, in assenza di un processo che non risulta ancora celebrato, è richiamare circostanze ancora da provare, come addirittura “documentate”.
Perché le parole sono pietre, diceva Carlo Levi, e mal poste, in un paese di appena cinquemila anime, diventano la mortificante semplificazione di una vicenda il cui paradigma è invece molto più complesso (oltre che ancora tutto da provare!).
Si legge ad esempio che “i militari del luogo hanno bloccato l’uomo mentre riceveva dalla vittima una busta contenente 500 euro”. Sin qui è corretto: ma aggiungere, senza condizionali di sorta, “che la somma era corrisposta e pattuita a titolo di interessi”, quando non vi è certezza alcuna sulla natura del rapporto economico tra le parti, il tutto senza peraltro specificare che questa è solo un’ipotesi accusatoria (tutta da provare), è un atto che lede irrimediabilmente l’immagine del mio assistito.
Perché sopra il filo sottilissimo della giustizia, lacerato dalle continue violazioni dei più elementari principi di diritto, ci sta un uomo con la sua famiglia, che in realtà starebbe ancora in attesa di processo, loco naturale ove accertare i fatti oggetto di denuncia.
E’ la forza suggestiva delle parole (e delle foto connesse agli articoli), che spinge l’indagato a doversi difendere anche in questa sede; perché sotto quel filo sottilissimo della giustizia, incombe l’opinione pubblica (e il popolo dei social media – suo specchio riflesso), il quale “consuma” la notizia come fosse in un supermercato, non ha tempo di aspettare una solo eventuale (ed assolutamente non scontata) sentenza di condanna.
Ed allora è doveroso rimarcare come l’indagato abbia fornito al giudice una versione coerente dei fatti.
Di come questi abbia giustificato documentalmente l’incremento patrimoniale – quindi il suo tenore di vita – con la vendita di un immobile in Soverato, investimenti in prodotti finanziari, la riscossione di canoni di locazione, il tfr e la pensione di reversibilità del coniuge scomparso, ed altre fonti di reddito diverse dal solo stipendio, essendo ben noto il suo secondo lavoro di meccanico al cui pagamento, peraltro, diversi titoli cambiari rinvenuti in abitazione si riferiscono.
Non fa notizia invece – e quindi non è riportato nell’articolo – come sia stato l’indagato a consegnare spontaneamente i titoli cambiari afferenti al rapporto economico con la “presunta” vittima, e non che i predetti titoli siano stati rinvenuti, come erroneamente riportato dai giornali.
E poco importa specificare, che le presunte “pressioni esercitate richiamando ritorsioni nei confronti dei familiari, ostentando presunta vicinanza a circuiti criminali“, non sono “documentate” – come affermano i giornali – ma che questa è solo la narrazione del denunciante che, si ribadisce, andrà valutata sotto molteplici aspetti?
E’ così che la notizia di un arresto diventa, per il pubblico non pagante, quello che assiste allo spettacolino in una indecorosa apnea, una sentenza anticipata di condanna; ed è questa una triste realtà talmente acquisita, di questi ancor più tristi tempi.
Non c’è smentita alcuna che possa ristabilire l’onorabilità di un uomo incensurato e della sua famiglia, perché per un paese di cinquemila anime l’udienza è tolta già dalla notizia, e la sentenza di condanna già passata in giudicato; e poco importa se un domani l’arrestato si scoprirà innocente poiché, come scriveva Kafka, “doveva aver fatto qualcosa, perché una mattina fu tratto in arresto”.
Avv. Fabio TINO