“ASPROMONTE – LA TERRA DEGLI ULTIMI”, UNO SGUARDO DOLCEAMARO SU AFRICO NEL FILM DI MIMMO CALOPRESTI
È un viaggio nell’inimmaginabile, nell’arretratezza ma anche nella bellezza, nel silenzio, nella dimensione vagheggiata del sogno
di Daniela RABIA
– CATANZARO – 22 SETTEMBRE 2024 – È poesia, realtà cruda, vita vissuta “Aspromonte-La terra degli ultimi”, il film di
Mimmo Calopresti.
Uno sguardo dall’alto, come quelle inquadrature da vertigine, che fanno ammirare paesaggi di alberi, rocce, mare.
Uno sguardo dentro il popolo africoto degli anni Cinquanta che penetra a fondo.
Per i Greci Aspromonte è monte lucente.
E di luce ce n’è tanta negli occhi di questa gente che cerca a fatica un posto dove vivere.
Solo ‘u poeta Ciccio (Marcello Fonte) rammenta che è più importante trovarne uno incui morire.
Ad Africo però si muore davvero perché non c’è il medico condotto che è in Marina e manca una strada per trasportare velocemente gli ammalati in caso di urgenza.
Manca l’energia. Manca lo Stato.
Il paese si ribella lottando contro il prefetto da un lato e contro i soprusi del malavitoso Don Totò (Sergio Rubini) dall’altro.
Segno tangibile della voglia di riscatto è la decisione di costruirsi da soli una stradaverso la Marina con un lavoro certosino, sfidando la legge che non concede le autorizzazioni e il capobastone che si oppone al cambiamento.
Peppe (Francesco Colella), Cosimo, il piccolo Andrea e gli altri non si fermano dinnanzi alle intimidazioni dei prepotenti, agli sbarramenti delle forze dell’ordine, ma si arrendono davanti all’evidenza che ogni sforzo è vano perché la vita si sta spostando verso la Marina e il paese sta morendo.
Centrale la scuola con una maestra (Valeria Bruni Tedeschi) che ha scelto Africo come sede per curare la propria infelicità tra gente più infelice di lei.
La nuova arrivata, proveniente da Como, deve fare i conti con un istituto fatiscente, con una mentalità dei genitori restìa a mandare i figli a scuola, sottraendo braccia al raccolto, alla cura del bestiame, al taglio della legna.
A che serve studiare se per campare si deve solo faticare?
“Le parole contro i fucili non vincono” urla in classe un bambino provocando la risposta della maestra
“I fucili lasciano le persone immobili.
Invece quelle stesse persone con le parole viaggiano”.
È un viaggio Aspromonte nell’inimmaginabile, nell’arretratezza ma anche nella bellezza, nel silenzio, nella dimensione vagheggiata del sogno.
Chiudendo gli occhi si può immaginare, come fa ‘u poeta, che ad Africo non manchi nulla: le montagne, il mare, la pace.
Eppure mancano i servizi essenziali, manca l’attuazione dei diritti, manca la speranza che le cose possano cambiare perché il tentativo di cambiamento si scontra contro l’imponderabile.
L’amarezza di una sigaretta fumata nervosamente dalla maestra si fonde con la dolcezza di un bacio rubato.
Un gioco di sguardi.
Un incontro di silenzi.
Uno scontro di parole.
Per andare ognuno dove la vita lo porta.
Lontano da un luogo del cuore
perché lì il cuore è troppo ferito per ricominciare.
Il nuovo giorno è oltre la strada mai finita, oltre le mura cadenti e i banchi semi rotti della scuola, oltre la Calabria per qualcuno, dove c’è il lavoro e dove muoiono i sogni.
Un cast eccezionale Francesco Colella, Marcello Fonte, Valeria Bruni Tedeschi, Sergio Rubini, Elisabetta Gregoraci e Romina, Mondello, Marco Leonardi, Francesco Siciliano, Fabrizio Gifuni e Carlo Marrapodi riesce a dar vita a una storia di vita emorte, lotta e rassegnazione, dolore e speranza, dietro la regia sapiente e umana di Mimmo Calopresti (Rai Cinema Distribuzione: IIF – Italian International Film) che ciconsegna un gioiello prezioso e lucente proprio come quella montagna evocata nel titolo.