CASSIODORO: IL CALABRESE DIMENTICATO
Questo personaggio di così enorme rilievo storico e filosofico era un calabrese di Squillace, ignorato dai programmi didattici delle nostre scuole
di Francesco PUNGITORE (Docente di Filosofia e Giornalista)
– PRESERRE (CZ) – 18 GENNAIO 2024 – Flavio Magno Aurelio Cassiodoro nacque a Squillace intorno al 484 d.C. e morì, quasi centenario, dopo una vita particolarmente intensa e feconda infatti fu Senatore cristiano, uomo politico e raffinato intellettuale.
La figura di Cassiodoro resta, in gran parte, confinata tra le ricerche degli addetti ai lavori e risulta pressoché sconosciuta.
Ma chi era Cassiodoro?
Membro di una famiglia nobile del suo tempo, forse arrivata in Calabria dalla Siria, fu tra i più alti consiglieri del sovrano Teodorico, Re dei Goti, nella stagione tradizionalmente nota come l’età dei regni romano-barbarici, dopo la caduta dell’Impero Romano.
Opera nel nuovo contesto goto-romano, con straordinario successo personale: assume gli incarichi di “quaestor”, console, “magister officiorum”, “praefectus praetorio”, acquistando grande potere e influenza nell’ambiente di corte.
Nelle difficili contrapposizioni tra mondo romano e germanico, tra mondo classico e cristiano, tra ariani e bizantini, dimostra equilibrio, capacità di mediazione, predisposizione alla diplomazia.
Scrive oltre 400 lettere a nome proprio o a nome del re, tramandate e raccolte nei dodici libri delle “Variae”.
Dopo un lungo periodo di permanenza a Costantinopoli, dove comprese che l’unione tra le varie tradizioni era solo un’illusione, tornò nel 555 d.C. a Squillace e fondò il “Vivarium”, luogo di culto e fonte di nutrimento spirituale e scientifico, il cui nome deriva dalle 3 vasche scavate nella roccia che lo stesso Cassiodoro usò per trasferire i pesci presi in mare per allevarli e disporne per i bisogni del santuario.
Se le “Vasche di Cassiodoro” sono ancora ben visibili e meta di molti turisti che arrivano in questo luogo per fare un tuffo “nella storia” e nelle acque turchesi, per alcuni l’individuazione del “Vivarium” è una questione ancora controversa: l’ipotesi più probabile lo colloca sul sito di San Martino, a Copanello di Stalettì, dove persistono ancora i ruderi dell’omonima basilichetta, un piccolo edificio di culto a navata unica che custodisce un sarcofago in pietra con iscrizioni in greco, risalente al VIII sec. d.C., identificato per molto tempo come la tomba di Cassiodoro.
La biblioteca del “Vivarium” era ricca e completa di codici pregevolissimi, ben ordinati a seconda delle varie scienze trattate: oltre alle Sacre Scritture e a centinaia di libri di religione, erano presenti libri di cosmografia, di filosofia e di agraria affinché i monaci diventassero bravi agricoltori e per quelli addetti alle cure mediche vi erano opere di Ippocrate, di Aurelio Celio, la Terapeutica di Galeno, l’Erbario di Dioscoride.
La Calabria con il “Vivarium” divenne la sede di un grande progetto di salvaguardia e conservazione del patrimonio culturale del mondo antico: non fu solo una scuola cristiana di alta formazione (una sorta di moderna università, la prima al mondo) o una comunità monastica di origine signorile, ma garantirà all’intero Occidente la trasmissione dei testi classici alle età successive.
Senza il “Vivarium”, probabilmente, la restituzione e la comprensione della tradizione antica ai secoli futuri sarebbe avvenuta in maniera più frammentaria oppure filtrata dal cristianesimo.
Questo personaggio di così enorme rilievo storico e filosofico era un calabrese di Squillace, ignorato dai programmi didattici delle nostre scuole.