GIUSTIZIA, ANCHE IN CALABRIA LA GIORNATA DELLE CORTI D’APPELLO
Inaugurato anno giudiziario a Catanzaro e Reggio
di REDAZIONE
LA CERIMONIA A CATANZARO
PRESERRE (CZ) – 28 GENNAIO 2023 – “Con la previsione dell’improcedibilità in appello, istituto fondato sulla riduzione dei termini, il legislatore ha riversato sulle spalle della magistratura la propria pavidità, non avendo avuto il coraggio di prevedere una seria depenalizzazione, atteso il dilagante populismo giustizialista.
Con la conseguenza che l’improcedibilità si risolverà in una amnistia generalizzata e per tutti i reati, anche quelli più gravi, qualora dovesse attribuirsi alla norma natura sostanziale, alla stregua dei precedenti orientamenti della giurisprudenza di legittimità e costituzionale”.
A dirlo la presidente facente funzioni della Corte d’appello di Catanzaro Gabriella Reillo nell’intervento alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario.
“Purtroppo – ha aggiunto – quanto manca alla politica sulla giustizia è una cultura ‘di sistema’ che parta da dati concreti, rilevati sul territorio, e che si faccia carico di effettuare proiezioni di fattibilità, rispetto agli organici ed alle dotazioni nonché alla conseguibilità degli obiettivi enunciati.
Invece assistiamo ad un affastellarsi di riforme che si susseguono senza che prima vengano verificati gli effetti delle precedenti, nel proseguimento di meri effetti propagandistici”.
“Devo rilevare – ha detto Reillo riferendosi alla riforma Cartabia – che anche questa è permeata dall’illusione di ridurre i tempi processuali attraverso una riduzione dei termini. Sembra non ci si renda conto che i tempi non sono ritardati da termini eccessivamente lunghi bensì dall’eccessivo carico giudiziario che si abbatte su Procure e Tribunali, dalle endemiche e rilevanti scoperture degli organici, dal collo di bottiglia che si verifica nelle corti di Appello quanto a sopravvenienze e risorse per la la loro evasione”.
Sulla improcedibilità è intervenuto anche il procuratore generale di Catanzaro Giuseppe Lucantonio.
“Un processo – ha detto – in cui sono impegnati pubblici ministeri, avvocati, polizia giudiziaria e un collegio in primo grado, in appello non si fa, viene cancellato. E nessuno grida allo scandalo. La legge dice ‘se non lo fai in due anni si cancella’. Va bene, ma dammi i mezzi per farlo. Stiamo ancora aspettando. Dammi i giudici per farlo. Non si sa quando arrivano”.
L’INAUGURAZIONE A REGGIO CALABRIA
Se fosse entrata in vigore prima, la normativa sulla improcedibilità della Riforma Cartabia, in un anno, per l’85% dei processi per reati comuni verrebbe dichiarata l’improcedibilità.
Sono i numeri forniti, nella sua relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario, dal procuratore generale di Reggio Calabria Gerardo Dominijanni che ha esordito con una simulazione fatta dal suo ufficio.
“Ho provato a simulare quel che accadrebbe con gli attuali numeri della corte d’appello di Reggio – ha detto – ovviamente un dato prognostico posto che la norma si applica ai fatti commessi dopo il 1 gennaio 2020. Se escludiamo i reati di ‘ndrangheta per i quali si applica un regime speciale, alla data del 1 luglio 2021 pendevano in corte 7083 processi per reati comuni.
Alla data del 30 giugno 2022, ovvero dopo un anno, ne sono stati decisi 1340, di cui 452 definiti entro il limite massimo dei tre anni. Dunque, su 7083 fascicoli, oggi 6631 dovrebbero essere dichiarati improcedibili, ovvero l’85% del totale”. Ecco perché, secondo il procuratore generale, in questo punto “la riforma Cartabia è un errore enorme”.
Anche il presidente della Corte d’Appello Bruno Muscolo ha definito “dirompenti” gli effetti dell’improcedibilità, che “trova la sua ratio quale unico rimedio per evitare il ‘fine processo mai'” ma “se si considerano le gravi carenze di organico potranno sopravvenire numerose pronunzie di improcedibilità per l’obiettiva impossibilità di celebrare i giudizi nei termini”.
Il procuratore di Reggio, Giovanni Bombardieri, invece, ha puntato il dito sulle intercettazioni.
Dopo avere sostenuto che “sempre maggiore è il pericolo che la ‘Ndrangheta penetri nel tessuto sociale in un contesto economico fortemente indebolito dai postumi dell’emergenza Covid-19” e “la costante affermazione, anche a livello politico nazionale, secondo cui la ‘Ndrangheta costituisce l’emergenza criminale più grave del Paese”, Bombardieri ha sottolineato che si impone “un complessivo potenziamento” del contrasto e che le intercettazioni vanno mantenute perché “settore nevralgico per ogni Procura e fondamentale ed insostituibile strumento investigativo, oggi più che mai strategico per la ricerca della prova”.