LETTERE A TITO: ARRIVA L’ESTATE, PREPARIAMO I LIBRI
Tutti interessanti, chi in un modo, chi in un altro, per tutti e specialmente per noi calabresi
di Domenico LANCIANO (www.costajonicaweb.it)
BADOLATO (CZ) – 20 MAGGIO 2023 – Caro Tito, è giunto il tempo di dare qualche indicazione su alcuni libri che potrebbero essere letti nell’imminente estate 2023 (sempre che si decida a venire il bel tempo!).
Tutti interessanti, chi in un modo, chi in un altro, per tutti e specialmente per noi calabresi.
Comincerei con il segnalare il libro edito da Nino Aragno, freschissimo di stampa, scritto dal collega giornalista piemontese Pietro Dadone (già consigliere regionale) di cui abbiamo dato più ampiamente notizia lo scorso giovedì 11 maggio con la nota << https://www.costajonicaweb.it/per-cortale-cz-dedicate-95-pagine-nel-nuovo-libro-del-giornalista-piemontese-piero-dadone/ >> poi ripresa da altri siti web e dalla pagina di Lamezia Terme de “Il Quotidiano del Sud” a firma di Raffaele Spada. Ovviamente sull’argomento delle “Calabrotte” nelle Langhe potrebbe essere utile leggere o rileggere (per maggiore completezza) libri già editi come “Ti ho vista che ridevi” del collettivo Lou Palanca, èdito nel 2015 da Rubbettino e come “L’anello forte: la donna – Storie di vita contadina” di Nuto Revelli (1919 – 2004), èdito da Einaudi più volte fin dal 1985 data di esordio.
Adesso (con questa “Lettera n. 469”) diamo uno sguardo ad altri pregevoli lavori, giunti più recentemente sulla mia scrivania da amici-scrittori o da amici-editori, come Rubbettino, il quale ultimamente ha come siglato una specie di “gemellaggio editoriale” tra Calabria e Molise proponendo libri del tanto discusso ma bravo scrittore Giose Rimanelli (1925-2018), emigrato negli Stati Uniti dove è stato docente universitario, dopo aver militato non ancora ventenne nella mussoliniana Repubblica Sociale Italiana di Salò.
Un personaggio tra i tantissimi che ho incontrato più volte nella Biblioteca Comunale di Agnone, cui era molto affezionato. E di cui lo scorso anno ho recensito (nella stampa molisana con echi calabresi) quel piccolo-grande capolavoro che è “Tiro al piccione” (Rubbettino 2022) … un classico che aiuta a capire meglio i terribili anni finali della seconda guerra mondiale in Italia.
1 – UNA POSIZIONE SOCIALE di Giose Rimanelli
E restiamo in Molise con Giose Rimanelli, facendo cenno ad un altro suo libro dal sapore evocativo ed autobiografico “Una posizione sociale” (andato in stampa nello stabilimento Rubbettino di Soveria Mannelli – CZ – nello scorso mese di marzo 2023). In pratica è una riedizione, poiché tale romanzo è stato pubblicato, per la prima volta, nel 1959.
La critica ufficiale lo pone all’apice della sua produzione letteraria, assieme al più noto “Tiro al piccione” (già edito da Mondadori nel 1953 con notevole successo, tanto che il noto regista Giuliano Montaldo ne ha tratto il film omonimo nel 1961 proiettato addirittura alla 22ma mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia il 25 agosto dello stesso anno).
Anna Maria Milone (studiosa dell’opera di Rimanelli) nella prefazione della edizione rubbettiniana ha scritto tra l’altro:
<< Un romanzo è fatto di scrittura e musica, così lo ha pensato l’autore, così ci viene proposto.
Siamo ad un’anticipazione di qualcosa che in Italia si è consolidato negli anni Ottanta: l’idea feconda che i linguaggi e le espressioni artistiche devono contaminarsi, accostarsi, essere considerati insieme, per fa sì che la letteratura sia un’esperienza di uno spaccato di vita che pulsa >>.
E le tecniche narrative (secondo il critico Arnaldo Colasanti che scrive la postfazione sulla “stortura dell’anima”) si accostano a quel flusso di coscienza che tanta parte ha avuto nella letteratura europea della prima metà del Novecento.
Insomma, un libro da lèggere attentamente, magari con penna e foglio d’appunti accanto, perché non sfuggano le considerazioni che inevitabilmente si impongono tra le pagine sofferte di un autore sofferto.
2 – I DEMONI DELLA SANTA FEDE di Vincenzo Villella
Caro Tito, un libro che non può e non deve sfuggire all’attenzione del “buon lettore” (specie se calabrese, in particolare se progressista) è quello appena uscito dalla tipografia Grafiché di Antonio Perri in Lamezia Terme (CZ) con il titolo << I dèmoni della Santa Fede (Diario di un monaco giacobino del 1799) >> scritto dallo noto storico lametino Vincenzo Villella.
In ben 400 pagine, questa Opera di assoluta importanza cerca di aiutare i vinti a realizzare una immortalità immanente prima ancora di quella ultraterrena. In pratica, narrando le atrocità delle orde sanfediste nella loro bellicosa marcia verso la Napoli rivoluzionaria e democratica alla francese, l’Autore cerca di documentare eventi che, a ben leggere tra le righe, sono ancora attuali in tante parti del mondo e forse persino nella stessa nostra Italia (sotto altre forme).
Non è la prima volta che Vincenzo Villella (Conflenti 1947) tratta di tale periodo storico, altamente strategico per questo nostro presente. Infatti, sul sanfedismo ed il decennio francese ha pubblicato: La Calabria della rassegnazione (1986), L’albero della libertà (1987), I briganti del Reventino (2006), Joachim Murat, la vera storia della morte violenta del re di Napoli (2019).
La letteratura dei vinti ci mostra, pure con questo tanto encomiabile lavoro, come e quanto la verità etica non stia mai dalla parte dei vincitori violenti, predatori e massacratori.
Lèggere questo ennesimo libro di Villella è un aiuto a lèggere meglio pure la nostra attualità. Inoltre, è un invito a considerare il grande lavoro che fanno taluni scrittori, specialmente gli storici come Villella, per renderci liberi e forti nella nostra personale umanità e nella civiltà sociale.
3 – LA SAGGEZZA DEI VEGLIARDI – ROMOLO FERRARA
Caro Tito, penso che pure tu ti sarai incantato davanti ai racconti (quasi sempre a fini pedagogici) che ci facevano i nostri anziani di famiglia o di ruga. Ritrovo sempre, nel mio arduo cammino, i loro insegnamenti, le loro ammonizioni, le loro speranze.
Un aiuto insostituibile ed efficace.
Ho avuto sempre una particolare venerazione per le persone che avevano già fatto la gran parte del lungo percorso esistenziale, a cominciare dai miei Genitori cui ho dedicato i sette volumi del “Libro-Monumento” (stampati nel maggio 2007 giusto 16 anni fa ormai) o dalle anziane di “Villacanale, il paese delle regine” (1996) volumetto dedicato a quella santa donna di mia suocera, Fiorina Mastronardi cui mancava poco più di un anno al suo centenario (una vita fatta di sacrifici, tenacia e devozione ma serena e ricca di fede).
In Agnone del Molise, tra i saggi vegliardi di mia grande stima rifulge la figura ieratica del maestro elementare Romolo Ferrara (31 ottobre 1921 – 11 maggio 2020) quasi centenario. Fin dai primi anni Ottanta, entrambi eravamo collaboratori (esterni alla redazione) del mensile locale “L’Eco dell’Alto Molise” (fondato nel marzo 1981 assieme ad altri da un suo collega insegnante Costantino Mastronardi, maestro di mia moglie alle elementari).
La specialità del maestro Romolo (come veniva comunemente chiamato) erano brevi note di riflessione di carattere etico-morale. Lo sollecitavo spesso a raccogliere queste acute e considerevoli riflessioni per darle alle stampe.
Nel mondo attuale c’era molto bisogno di tali “pro-memoria” spirituali, civici, addirittura escatologici.
Dal “Mò vediamo” è passato al “Ci penseranno i miei figli, se vorranno”. Tanto è che avevo perso le speranze.
Poi, d’improvviso, un mesetto fa circa, ho incontrato per caso il figlio Giuseppe, con il quale non ci si vede quasi mai, poiché vive a Perugia, mentre io ormai sono più a Vasto che in Agnone.
A Lui ho chiesto che fine avessero poi fatto le famose riflessioni del padre pubblicate da “L’Eco” in tanti decenni. Mi ha detto che, in occasione dei suoi novanta anni (31 ottobre 2011), figli e nipoti Gli avevano fatto la sorpresa di un volumetto di 126 pagine con 116 di quelle note etiche, stampato da << www.iannonedigitale.com >> con il titolo “Scritti e riflessioni” (senza alcuna introduzione o premessa) se non la seguente informazione: << Questo testo contiene solo una parte della feconda produzione letteraria di Romolo Ferrara di quest’ultimo trentennio >> (ndr – 1981-2011 anni che corrispondono alla vita de “L’Eco dell’Alto Molise” che attualmente è ancora attivo, risultando uno dei periodici più longevi dell’intero Molise).
Continua tale informazione: << E’ con sincero affetto, ammirazione, riconoscenza ed anche un pizzico di orgoglio che i figli ed i nipoti hanno voluto dare alle stampa quest’opera per festeggiare il suo novantesimo compleanno. Siamo certi che sarà un regalo sicuramente gradito che l’autore potrà donare a tanti amici ed estimatori >>.
Sulla quarta di copertina, oltre che come insegnante d’avanguardia, viene ricordato pure il Romolo Ferrara musicista, specialmente a favore dei giovani ma anche della liturgia religiosa nella chiesa agnonese di Sant’Amico.
Possiamo sperare che le restanti note possano essere dte alle stampe per completare un’Opera degna dell’apprezzamento e del beneficio delle presenti e delle future generazioni?…
4 – LA SAGGEZZA DEI VEGLIARDI – ROSARIO JURLARO
Tra le pagine di << https://www.costajonicaweb.it/lettere-a-tito-n-404-pietro-borraro-1927-1982-uno-degli-intellettuali-piu-esaltanti-del-novecento-europeo/ >> ricorre spesso il nome del prof. Rosario Jurlaro, nato a Francavilla Fontana (provincia di Brindisi) il 23 marzo 1930 dove risiede. Prima giornalista e poi per 36 anni (dal 1957 al 1993) direttore della prestigiosa ed antica Biblioteca diocesana “A. De Leo” di Brindisi, mi piace evidenziare Jurlaro come “uomo della ricostruzione” etica, civile e culturale dell’Italia disastrata dalla seconda guerra mondiale, come lo stesso Romolo Ferrara, come mio padre e tantissimi come loro ad ogni livello, ceto e condizione.
Sarebbe troppo lungo elencare ciò che ha fatto e continua a fare. Adesso è doveroso fare cenno alla sua più recente pubblicazione, fresca di stampa, inviatami in dono qualche settimana fa. Si tratta di “Svolta a U” un volumetto di poesie curato dalla Società Editrice Fiorentina in 110 pagine, formato tascabile. Copertina estremamente essenziale, quasi draconiana.
Prima delle poesie sarà utile leggere le cosiddette “Lezioni esegetiche” a firma di Ettore Catalano (L’odissea di Rosario Jurlaro), di Luigi Marseglia (Epica della pace, ethos e rimembranze), di Patrizia Paradisi (Poesia scavata nell’anima), di Leonardo Sebastio (Disincanto e mistero nella Poesia di Rosario Jurlaro), di Francesco Tadeo (Il mondo perduto di Jurlaro).
Le 29 poesie lette ci mostrano un uomo ormai avanti con gli anni che riflette sulla propria vita presente e passata, a volte dando voce pure alla moglie così che, in un certo senso, ne nasce una “poesia di coppia” come in coppia si è affrontata la vita.
Mi ha incuriosito molto il componimento “Filippo II a El Escorial – Preghiera” (pagina 49 – 60) che ha voce di poemetto così come “Conta le lune” (pagina 61-67). Il resto dei versi scorre veloce. Come la vita.
5 – SALUTISSIMI
Caro Tito, per ognuno di questi cinque autori avrei voluto dedicare una lettera a sé, ma il tempo tiranno mi va sempre più insistentemente ricordando che manca appena un mese alla FESTA DEL NOME ITALIA, un evento che probabilmente accoglierà decine di persone, personaggi e personalità pure per ricevere la pergamena del PREMIO PRIMA ITALIA al Centro Polifunzionale della Cultura nella Marina di Davoli (CZ) messo tanto gentilmente a disposizione dall’Amministrazione Comunale del sindaco Giuseppe Papaleo, dal momento che probabilmente potrebbero risultare insufficienti i locali della Biblioteca Vincenziana del presidente Aldo Marcellino, che è cooprotagonista nell’organizzazione di tale manifestazione socio-culturale dell’ormai imminente mercoledì 21 giugno “solstizio d’estate”.
Spero tanto che la FESTA DEL NOME ITALIA abbia un degno futuro, così come ha un illustre passato di circa 3500 anni il nome stesso di ITALIA nato tra i golfi di Squillace e di Lamezia dal suo primo re, quell’Italo che ha inventato pure la “democrazia etica” attraverso le leggi e i sissizi diffusisi in tutto il Mediterraneo dove sono rimasti attivi per secoli.
Però gli ateniesi hanno trasformato la “democrazia etica” di re Italo in “democrazia mercantile” … quella che ancora adesso governa il mondo.
Per tale motivo viene detto che la democrazia è stata inventata ad Atene.
Ma è una democrazia mercantile che ha prodotto purtroppo pure tanti disastri fino all’attuale cattiva globalizzazione mentre si sente sempre più la necessità di una “democrazia etica” che salvi il mondo dalle troppe ingiustizie e persino dai cambiamenti climatici (frutto amaro specialmente del mercantilismo forsennato).
La democrazia etica è quella più vicina alla Natura e all’Armonia.
Per il momento mi fermo qui, sperando che i nostri gentili lettori possano avere intanto un’idea di ogni Opera qui presentata in modo molto breve. Poi, se veramente interessati avranno modo e tempo per approfondirne la conoscenza con adeguate ricerche su internet e nei social-media … oppure in Biblioteca.
A Loro auguro di preparare una magnifica lista di libri da mettere in valigia e da leggere in vacanza (mare, monti, fiumi, laghi, campagna, ecc.).
In attesa di pubblicazione di questa “Lettera n. 469”, ti ringrazio, mentre è già quasi pronta la “Lettera n. 470” dedicata agli “Amici della Calabria”. Fraterni saluti e tanta cordialità anche in famiglia. Alla prossima!
ITER-City, venerdì 19 maggio 2023 ore 12.12 – Da oltre 55 anni (dal settembre 1967) il mio motto di Wita è “Fecondare in questo infinito il metro del mio deserto”.
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