LETTERE A TITO: DAL CENTRO DI ROMA CAPITALE È PARTITO L’APPELLO DELLA CALABRIA PITAGORICA PER LA PACE NEL MONDO
Chiesta anche la distruzione delle armi
di Domenico LANCIANO (www.costajonicaweb.it)
– BADOLATO (CZ) – 28 GENNAIO 2025 – Caro Tito, come abbiamo scritto e pubblicato una settimana fa (lunedì 20 gennaio 2025 alle ore 11.55) << https://www.costajonicaweb.it/lettere-a-tito-n-588-giovedi-23-gennaio-a-roma-la-migliore-calabria-lancia-lappello-per-la-pace-nel-mondo-vogliamo-vivere-basta-armi-basta-guerre/ >> … è stato lanciato, come previsto, L’APPELLO PITAGORICO AL MONDO PER LA PACE E LA DISTRUZIONE DELLE ARMI.
L’emblematico evento ha avuto luogo nella Sala Capranichetta del ben noto Hotel Nazionale (a pochi metri da Palazzo Montecitorio – Camera dei Deputati) giovedì scorso 23 gennaio dalle ore 18 alle ore 20 circa alla presenza di un pubblico motivato e qualificato.
C’era pure il senatore Maurizio Gasparri (parlamentare di lungo corso), attuale Capo-Gruppo di Forza Italia a Palazzo Madama. Il programma (già elencato nella Lettera 588) è stato osservato puntualmente. Tutti gli interventi sono stati video-registrati e appena lo avrò avuto, comunicherò il link per seguirne lo svolgimento pure nei dettagli.
Intanto, ritengo sia utile riportare il testo << Appello pitagorico al mondo per la pace e la distruzione delle armi >> lanciato dal filosofo Salvatore Mongiardo, promotore di tale iniziativa che sicuramente avrà importanti sviluppi e contribuirà notevolmente, nel tempo, ad una più incisiva presa di coscienza.
Forse tale evento potrebbe essere paragonabile al “Manifesto di Ventotene per un’Europa libera e unita” concepito e scritto, paradossalmente, nel 1941, quando il mondo già era in fiamme per il secondo conflitto e poteva sembrare persino troppo azzardato pensare ad un’Europa quale poi effettivamente è diventata a guerra finita, dopo il 1945.
Profezia o lungimiranza?… Certamente buona volontà e la capacità di capire le lezioni e gli ammonimenti della Storia. E, come è quasi legge di natura, esistono i paradossi i quali sono destinati a realizzarsi.
Lo sostiene lo stesso Mongiardo in questo Appello: << Quasi tutti dicono che ciò è un sogno irrealizzabile, ma noi sosteniamo che più un sogno sembra irrealizzabile, più è destinato a realizzarsi >>.
La Calabra è da sempre (forse non a torto) terra di utopisti e di sognatori. Ma anche di antichissima saggezza, di pace, di etica e di grandi personalità.
E, per l’esistenza umana, quello della pace universale è il sogno tanto più grande quanto più necessario. Indispensabile. Lavorare per realizzare tale sogno dovrebbe essere l’impegno di tutti, poiché la pace interessa tutti, indistintamente tutti. Giovedì 23 gennaio, al tavolo della Presidenza erano seduti.
Da sinistra: mons. Yoannis Lazhi Gaid (Egitto), Santo Strati (direttore di “Calabria. Live”), Giuseppe Nisticò (personalità di alto profilo scientifico e istituzionale, nativo del comprensorio Serre-Soverato), Gemma Gesualdi (presidente di Brutium – Associazione dei Calabresi nel mondo) e Salvatore Mongiardo (nato in Sant’Andrea Apostolo dello Jonio). Ed ecco il testo dell’Appello di Salvatore Mongiardo, emanato come Scolarca della Nuova Scuola Pitagorica di Crotone.
1 – L’APPELLO
Care Amiche e cari Amici, venendo a Roma per lanciare questo appello, mi sono chiesto quale fosse il giorno più importante della Città Eterna. Pensai che quel giorno potesse essere il 21 aprile del 753 a.C. quando nacque Roma, ma riflettei che quel giorno era piuttosto un giorno di lutto, perché Romolo aveva ucciso il fratello gemello Remo.
Poi pensai al giorno in cui Augusto inaugurò l’Ara Pacis, l’Altare della Pace, ma provai forte ripulso per Augusto che aveva accolto in casa sua Cesarione, figlio di Cesare e Cleopatra.
Quel ragazzino intelligentissimo cresceva in casa di Augusto, il quale un giorno lo fece strangolare per timore che, crescendo, avrebbe potuto insidiare il suo potere. Poi ancora il giorno del 313 d.C., quando Costantino garantì la libertà di culto ai cristiani, i quali diffusero il messaggio di Gesù, ripetuto nei secoli infinite volte: Pace a voi.
Ma la pace dov’è?
Le peggiori guerre della storia si sono combattute proprio nell’Oriente e Occidente cristiano, culminando con l’orrore delle due guerre mondiali, scoppiate nell’Europa cristiana.
Quale forza mostruosa ha bloccato l’aspirazione alla pace di Gesù e di tante altre persone?
Ho cercato invano una risposta a questa domanda che cresceva dentro di me e che mi ha spinto a ritornare in Calabria dopo più di cinquanta anni spesi in studi tra Sicilia, Roma, Germania, Francia, e poi in incarichi manageriali a Roma, Costa Smeralda e Milano.
E proprio nella mia terra di Calabria, emarginata, abbandonata e bistrattata, ho trovato la risposta che spiega il dilagare delle guerre nel mondo.
Ciò mi è stato possibile attraverso un profondo riesame della storia sconosciuta della Calabria che, protetta dalla Sila popolata da orsi e lupi, fu risparmiata dalle invasioni degli Indoeuropei, i quali sottomisero l’Antica Europa con armi e cavalli.
La Calabria continuò a vivere in comunità di vita e di beni guidata dalle donne, senza armi né eserciti, secondo la cultura neolitica degli agricoltori.
A partire poi dai Greci, la Calabria ha subìto venti occupazioni e dominazioni straniere. Eccole: 1, Greci; 2, Alessandro il Molosso, re dell’Epiro; 3, suo nipote Pirro con gli elefanti; 4, Bruzi; 5, Siracusani con Dionisio; 6, Cartaginesi con Annibale, acquartierato a Capo Lacinio per otto anni; 7, Spartaco con gli schiavi; 8, Romani; 9, Alarico con i Goti; 10, Longobardi; 11, Arabi; 12, Bizantini; 13, Normanni; 14, Svevi; 15, Angioini; 16, Aragonesi; 17, Spagnoli; 18, Borboni; 19, Francesi; 20, Piemontesi.
La Calabria, però, non ha mai fatto guerra a nessuno, perché l’anima calabrese è rimasta quella plasmata dalla cultura neolitica.
E non deve meravigliare che io attribuisca alla Calabria la capacità di generare un sommovimento mondiale in grado di portare la pace, perché essa in passato ha già operato un simile sommovimento. Difatti, nel VI secolo a.C., a Locri furono scritte le Tavole di Zaleuco, contenenti la proibizione della schiavitù sia di uomini che di donne.
Fu la prima legge al mondo che riconobbe la libertà delle persone, legge che alla fine fu pubblicata nel 1861 in Russia dallo zar Alessandro II, il Liberatore, e nel 1865 negli USA da Lincoln.
Questo lungo e inarrestabile cambiamento era partito dalle donne italiche, nate libere, che imposero la loro libertà ai mariti, coloni provenienti dalla Grecia, dove la schiavitù era una pratica normale.
Ma veniamo a questo libro (“Vogliamo vivere, basta armi, basta guerre” ndr) di cui una signora svizzera scrive: “Esso esprime il grande desiderio che le armi scompaiano e l’intelligenza umana venga usata in modo positivo”.
Di sicuro posso dire che questo libro non è stato scritto con l’intelligenza artificiale, che non mi sembra in grado di decifrare le sconfinate galassie emozionali dell’anima umana, né tanto meno di generare la pace.
Questo libro non viene solo da me, ma anche dall’anima eterna della Calabria che, nonostante le dominazioni e devastazioni straniere, ha preservato il più grande tesoro di tutti i tempi: quell’etica capace di dare la pace alle persone e ai popoli.
Pitagora la scoprì e la formalizzò in cinque principi: 1, libertà di tutti; 2, amicizia con tutti; 3, comunità di vita e di beni; 4, dignità della donna; 5, vegetarismo. È quell’etica che noi ora chiamiamo universale, che i Lacìni praticavano spontaneamente.
I Lacìni era un popolo italico non ellenizzato che abitava il Golfo e l’entroterra di Squillace.
Pitagora comprese che il loro modo di vivere corrispondeva all’etica che lui aveva elaborato. Lasciò allora Crotone e andò a vivere con loro, che lo elessero loro legislatore nel nuovo villaggio di Laureta, vicino a Capo Lacinio, dove in realtà egli tenne la sua Scuola.
Mi chiedevo all’inizio quale fosse il giorno più importante della storia di Roma e ora con piena coscienza posso affermare che quel giorno è oggi, 23 gennaio 2025, quando possiamo proclamare che la pace nel mondo scoppierà, perché noi la faremo scoppiare.
Il desiderio di pace è ormai bruciante in tutto il mondo, come riconosce e ricorda con insistenza Papa Francesco, ma i governi sono incapaci di impedire le distruzioni e i massacri quotidiani.
Noi proponiamo la distruzione di tutte le armi di guerra: aerei, carri armati, cannoni, bombe, missili, navi, sottomarini, droni, laser, armi chimiche, virali e batteriologiche: è la sola via per la pace, perché tutti i trattati di pace e di disarmo fatti finora sono stati totalmente inutili.
Quasi tutti dicono che ciò è un sogno irrealizzabile, ma noi sosteniamo che più un sogno sembra irrealizzabile, più è destinato a realizzarsi.
Gli antichi Romani dicevano: Carthago delenda est, Cartagine deve essere distrutta, e la distrussero.
Noi oggi diciamo: Arma delenda sunt, le armi devono essere distrutte, e noi le distruggeremo.
I Romani dicevano anche: In nomine omen, nel nome è il destino. E il destino finale di Roma è chiaramente indicato nell’anagramma del suo nome: Amor.
Non ho parole bastevoli per ringraziare voi tutti, e soprattutto la grande anima calabrese del fraterno amico Prof. Pino Nisticò, Ambasciatore nel Mondo della Nuova Scuola Pitagorica, che ha voluto e patrocinato questo incontro e tanto sta facendo per portare la pace attraverso la distruzione delle armi, e dare così ai popoli le cifre immense spese in armi e guerre, affinché tutti possano vivere una vita degna di essere vissuta.
Ma su questo argomento avremo modo e occasione di ritornare con delle proposte precise.
Evoè, evviva. Salvatore Mongiardo, Scolarca della Nuova Scuola Pitagorica – Roma, giovedì 23 gennaio 2025 ore 18.
2 – SALUTISSIMI
Caro Tito, a questo punto non mi sento di aggiungere altro: è obbligo riflettere ed agire.
Perciò, augurando che davvero (prima o poi) tutte le armi (grandi e piccole) vengano distrutte, ti ringrazio per voler pubblicare pure questa importante “Lettera n. 589” e ti saluto, sempre con grande cordialità, affetto e stima.
Alla prossima “590” e un caro abbraccio pure per tutti i nostri lettori.
Ciao e a presto!
ITER-City, domenica 26 gennaio 2025 ore 20.05 – Da 57 anni (dal settembre 1967) il mio motto di Wita è “Fecondare in questo infinito il metro del mio deserto” (con Amore).
La foto mi sono state fornite da Salvatore Mongiardo.