LETTERE A TITO: VA OLTRE BADOLATO L’INTERESSE VERSO LE ANIME PENITENTI DI GIANNI VERDIGLIONE
La semplicità delle persone di allora mi ha convinto che i defunti possono essere visti soltanto dal candore di una fede genuina come quella dei bambini e delle persone oneste nel contesto di una comunità caratterizzata piuttosto da un’etica antica senza gli inquinamenti spirituali delle modernità
di Domenico LANCIANO (www.costajonicaweb.it)
– BADOLATO (CZ) – 6 DICEMBRE 2023 – Caro Tito, con bella sorpresa, il gradimento della lettera precedente n. 505 << https://www.costajonicaweb.it/lettere-a-tito-n-505-lartista-gianni-verdiglione-racconta-con-varie-installazioni-i-penitenti-del-purgatorio-di-badolato-borgo-cz/ >> è andato al di là d’ogni mia possibile immaginazione.
Ed è questo uno dei motivi per cui segue questa “Lettera n. 506” che intende tenere conto pure dei riscontri più significativi fin qui avuti da ogni parte d’Italia.
Intanto mi ha fatto piacere che una mia prima cugina di otto anni più anziana di me si ricordi perfettamente di quando la nostra nonna Domenica Cundò e la sorella Concetta ci raccontavano la visione delle Animelle dei defunti in giro per il paese in cerca di preghiere per guadagnarsi il Paradiso.
Ed altre attinenti narrazioni.
La semplicità delle persone di allora mi ha convinto che i defunti possono essere visti soltanto dal candore di una fede genuina come quella dei bambini e delle persone oneste nel contesto di una comunità caratterizzata piuttosto da un’etica antica senza gli inquinamenti spirituali delle modernità.
Per questo facevo riferimento alla nostra cultura proto-storica e proto-italica di migliaia di anni fa proprio quando in questo nostro territorio calabrese è nato il nome Italia con tutti i valori la cui eco ancora esiste, nonostante siano minati da “invasioni” esterne … una volta la nostra Calabria veniva invasa da eserciti, adesso viene invasa e stravolta da un esercito di idee aliene che bisognerebbe detergere nell’etica che abbiamo ereditato.
Altrimenti perderemo definitivamente la nostra anima jonica.
La nostra più pura e autentica identità.
1 – LE MIE PIU’ DIRETTE ESPERIENZE SULLA MORTE
Non ti saprei dire con sicurezza se i racconti degli anziani di famiglia abbiano lavorato nella mia mente (magari pure con altre considerazioni e mie esperienze più dirette) a tal punto da farmi sentire il desiderio di promuovere, nell’aprile 1988, l’ISTAN – Istituto di Tanatologia cui per primi hanno aderito proprio gli amici badolatesi Gianni Verdiglione (l’artista delle attuali installazioni dei Penitenti) e Vincenzo Squillacioti (maestro elementare, dal 1994 direttore del periodico LA RADICE e principale animatore culturale dell’interzona), nonché il dottore commercialista Gianni Pitingolo (nativo di Isca ed operativo in Soverato) già da allora alla prese con un tumore contro cui ha combattuto eroicamente per tanti anni.
Fatto sta che (proprio nel redigere la “Lettera n. 505”) sono riemersi nella memoria alcuni fatti che mi lasciano meditare sui fenomeni della morte.
Qualche esempio.
Finora mi è capitato almeno 10 volte (in 50 anni, 1973-2023) di avere il presentimento che una persona sia prossima a morire al solo guardarla in viso. Non ricordo se mi sia capitato prima. Ma ho cominciato ad annotare questi episodi dal giugno 1973, quando ero al Bar Solèsi (allora Tre Ancore) e, guardando in faccia un anziano badolatese seduto serenamente sugli scalini, ho avuto la precisa e chiara sensazione che quell’uomo sarebbe morto da lì a qualche giorno.
Il più recente episodio mi è capitato lo scorso mese di settembre quando, in Agnone del Molise, ho visto un amico di tre anni più anziano di me che passeggiava sul corso assieme ad altri. Ho avvertito in lui come una luce, quasi un bagliore, un flash luminoso che lo distingueva dagli altri … così ho capito che sarebbe morto da lì a poco.
Farneticazioni?…
Non so dirti.
Fatto sta che questo amico è morto al suo secondo infarto dopo un mesetto circa da quella illuminazione.
Un altro episodio mi ha fatto pensare molto e mi ha fatto veramente tanta impressione.
Mi ha sconcertato.
E ancora adesso mi emoziona e quasi mi spaventa.
Ecco cosa mi è successo.
Domenica delle Palme del 1991 (24 marzo) sono sceso a Badolato da Agnone per vivere la sempre bella Settimana Santa del mio paese.
Come ero solito, appena arrivato, sono andato prima a salutare il mare e poi familiari, parenti ed amici.
Nell’andare da mia sorella Mimma, che abita in Via Nazionale, vicino al Bar Solesi, ho visto il mio grande amico d’infanzia Giuseppe Piroso (Malizia) che stava davanti al negozio di generi alimentari della moglie Tota Gallellli, lì a qualche metro di distanza dal portone di ingresso al palazzo dove abitava, appunto, e dove ancora abita mia sorella.
Poiché ero carico di qualcosa che mi pesava, non mi sono soffermato ad abbracciarlo come altre volte, ma, nel salutarci, gli ho detto che sarei ripassato prestissimo. Lui ha annuito con la testa e con il suo smagliante consueto sorriso.
Era vestito elegante con giacca e cravatta, quasi come nel giorno del suo matrimonio.
Era esattamente elegante e sorridente come nella fotografia che, qui allegata, ho riprodotto dalla pagina 112 del secondo volume del “Libro-Monumento per i miei Genitori” (stampato nel maggio 2007).
Appena entrato in casa di mia sorella, le ho detto di aver visto il nostro carissimo amico dei tempi del casello di Cardàra “Peppi ‘e Malizia” vestito troppo elegante e le ho chiesto se ci fosse qualche evento cui stava per partecipare.
E mia sorella guardandomi stupìta e impressionata mi ha detto: “Non sai che Peppi è morto tre mesi fa, subito dopo Natale?”.
Stavo quasi per svenire. Mi sono dovuto mettere seduto ed ho chiesto a Mimma di raccontarmi.
Quella volta non ho avuto il coraggio di andare da Tota, la moglie di Pepè, per darle le mie condoglianze.
Ero troppo sconvolto. Ci sono andato dopo qualche tempo e le ho detto di questa mia “visione” che ho presente, tale e quale, pure adesso, mentre ti scrivo. Giuseppe Piroso era nato il 16 luglio 1942 ed è morto il 27 dicembre 1990.
E’ stato davvero un ottimo amico, quasi un maestro per tante cose coi i suoi 8 anni di anzianità nei miei confronti, negli anni stupendi del casello di Kardàra dove ho trascorso i miei primi meravigliosi e felici dodici anni della mia Wita in perfetta Armonia.
Un’altra situazione ha forse avuto un ruolo o un valore nei confronti della mia considerazione della morte, pure come motivo di studio.
Dal 1956 fino al 1970 (cioè dai 6 ai 20 anni) ho frequentato, quasi assiduamente, l’unica parrocchia esistente in Badolato Marina che era pure l’unico vero centro di sana aggregazione per bambini, adolescenti e giovani.
Come tanti altri bambini dell’epoca, ho fatto pure io il chierichetto e poi l’animatore giovanile.
Quando non avevo ancora dieci anni, ho accompagnato il parroco (il trentino Padre Silvano Lanàro di Terragnolo) a dare l’estrema unzione ad un’anziana signora che abitava ad appena duecento metri dalla chiesa.
Tale signora era allettata ma ancora abbastanza cosciente nell’accettare la comunione e gli oli sacri.
Ha ringraziato il sacerdote che l’aveva appena unta in fronte con il segno della croce, con le preghiere del caso, e poi è spirata serenamente. Era la prima volta che vedevo una persona morire.
Dopo di allora tante altre volte.
Ricordo i numerosi funerali cui allora partecipava, in pratica, tutto il paese.
Ed ho fatto il chierichetto pure durante le messe di commiato, che solitamente erano cantate. Ancora mi frulla in testa il “Dies irae” che padre Silvano cantava con la sua poderosa voce tenorile mentre aspergeva di acqua santa “u tambùto” cioè la bara prima che venisse portata fuori dalla chiesa per la via del cimitero.
Quando ero studente universitario, me ne sono uscito indignato da una veglia funebre, perché le persone attorno al morto parlavano soltanto della raccolta delle olive in corso e di altre incombenze quotidiane invece di pregare oppure di fare altre considerazioni più attinenti alla triste condizione della Calabria e del Sud (quel signore era morto per la difficoltà di curarsi in un centro specializzato che da noi non c’era e avrebbe dovuto raggiungere al Nord da emigrato sanitario).
Era l’autunno 1975, ero nel pieno dello studio sociologico sul nostro paese, ed ero indispettito per il fatto che la gente parlasse soltanto della quotidianità e non dei tanti gravi problemi da affrontare e da risolvere in un panorama troppo carente di strutture pubbliche, specie sanitare.
Mentre i politici di ogni qualsivoglia partito facevano già da allora i populisti, con il sottaciuto intento di restare al potere per goderne i benefici (soprattutto economici), di controllare le masse e di specularci sopra.
Meglio comandare che fottere (sessualmente) era il loro imperativo!
Più o meno come oggi.
Potere, prebende e vitalizi sono più importanti della salute della gente.
In Calabria si muore in media quattro anni prima che nelle altre regioni!
Ti dice niente?…
Infatti, Badolato (così come la Calabria e il Sud), grazie a questo tipo di politica si è impoverita di persone (con una sempre più crescente emigrazione e con una decadenza che fa male al cuore di chi vuole bene veramente a questo paese).
Un paese in agonia con le chiese del borgo che ancora adesso cadono a pezzi, così come le case e i valori etici.
Ecco, contro questa agonia ho lanciato l’allarme del “paese in vendita” (rivolto prima di tutto ai miei stessi concittadini e poi pure alle Istituzioni) per cercare salvarlo il più possibile da morte certa, come tanti altri borghi (oltre 15mila) europei.
Una vicenda, questa del “paese in vendita” che ha avuto clamore internazionale e che ha contribuito (assieme ad altre iniziative seguenti, prodotte dal caso – come l’Ararat – e da alcuni badolatesi – con iniziative private) almeno a prorogarne il definitivo disfacimento.
Probabilmente, la molla che è scattata in me per fondare l’ISTAN – Istituto di Tanatologia, nell’aprile 1988 (nel bel mezzo di quella vicenda mediatica, ottobre 1986 – ottobre 1988) è stata proprio il dolore di vedere il mio borgo in agonia.
Lo slogan dell’ISTAN è ancora “Studiare la morte per amare di più la Wita”.
2 – I VEGGENTI DI BADOLATO E DINTORNI
La nostra Calabria è sempre stata ricca di veggenti d’ambo i sessi e di vario carisma. In questi ultimi decenni, due sono i principali centri religiosi dove avvengono prodigi e miracoli, pure come attinenza ai defunti …
Paravati (ai piedi della città e della diocesi di Mileto sul versante tirrenico, in provincia di Vibo Valentia) con l’ormai defunta Natuzza Evolo (1924 – 2009) e a Placanica (versante jonico della provincia di Reggio Calabria) con l’ancora presente Fra’ Cosimo Fragomeni, il mistico del Santuario della Madonna dello Scoglio. In entrambi i casi e luoghi sono sorte enormi strutture di accoglienza e di culto da me visitati nel giugno 2018.
Specialmente Natuzza (che ho conosciuto personalmente nel giugno 2007) è famosa anche perché aveva il potere di parlare, appunto, con i defunti. Badolato dista soltanto 75 km da Paravati e appena 41 km dal Santuario di Placanica dove opera Fra’ Cosimo, al quale ho indirizzato due famiglie di Agnone del Molise, su loro richiesta.
Infatti, sia Paravati che Placanica ricevono gente, curiosi e devoti da ogni parte del mondo.
Sono denominate “le piccole Lourdes della Calabria”.
Lo stesso Gianni Verdiglione è un frequentatore devoto del Santuario della Madonna dello Scoglio di Santa Domenica di Placanica che dista pochissimi chilometri dalla sua casa di Fogà di Caulonia, dove solitamente abita.
Nel recente passato di Badolato c’è stato il fenomeno di Romualdo Talotta, un semplice lavoratore che gestiva vari trasporti con un camion di sua proprietà, mio vicino di casa per qualche tempo a cavallo degli anni 50-60, la cui prima figlia è stata battezzata da mia sorella Mimma.
E’ ancora notorio che compare Romualdo (che prima era disincantato religiosamente) avesse visioni e che parlasse con i morti.
A me personalmente ha detto di non preoccuparmi perché i miei Genitori erano andati in Paradiso subito dopo il loro trapasso a miglior vita.
Pare che pure una (adesso) anziana signora di Santa Caterina dello Jonio (paese confinante con Badolato) abbia avuto fin da giovane la facoltà di parlare con i defunti.
La conosco di persona perché da studentessa viaggiava con gli stessi treni che prendevo io, ma anche perché ha sposato un mio lontano parente badolatese.
3 – ALTRE PECULIARITA’ DEI PENITENTI DI BADOLATO
Dopo la pubblicazione della precedente “Lettera n. 505” dello scorso 30 novembre, Gianni Verdiglione mi ha aggiornato ulteriormente su ciò che gira attorno ai Penitenti che vagano di chiesa in chiesa prima di raggiungere quella più grande e maestosa di San Domenico.
Mi ha ricordato la presenza di Sant’Elmo (o Sant’Erasmo), il quale ha un braccio infuocato e suole accendere gli animi alle Fede, ma anche ad accendere i fuochi di casa (per la cucina, per i forni profumati di pane, per il braciere contro il freddo ed il gelo, ecc.).
Nella mitologia tanatologica locale c’è pure la figura della cosiddetta “Monachella rossa” la quale deterge di notte i peccati che i badolatesi fanno di giorno.
Una categoria di penitenti a sé stante è quella dei peccatori di lussuria sfrenata che vengono rappresentati da maiali che girano di notte per il paese con le fiamme che escono dal culetto.
Gli abitudinari o i cosiddetti malati del sesso accentuato vengono popolarmente chiamati “maiali” o “porci” (come quasi in tutto il mondo).
Per capire meglio, forse è pertinente abbinare a ciò almeno due considerazioni tratte dalla realtà.
La prima è che in Badolato, fino agli anni trenta del 20° secolo appena trascorso, l’allevamento dei maiali era libero, persino dentro le stalle di casa assieme ad altri animali domestici.
Da tale promiscuità persone-animali (testimoniata da tante persone tra cui mio padre, classe 1905, come esistente in paese almeno fino ai suoi tempi giovanili) nuoceva alla popolazione, specialmente ai bambini, tanto è che varie infezioni erano principale causa della frequente mortalità infantile.
Tale situazione era così tanto allarmante che, proprio negli anni trenta, le Autorità politiche e sanitarie imposero agli abitanti di costruire i loro porcili (dove confinare i loro animali) oltre il recinto urbano del borgo.
Sono nate così le principali porcilaie: a Granèli, al Giardino, al Destro, alla Jusuterra, all’Immacolata, al Monastero, ecc. (ogni ruga o quartiere aveva in pratica la sua porcilaia).
I badolatesi non potevano fare a meno dei maiali poiché costituivano il companatico per tutto l’anno. E si diceva che ci fossero più maiali che abitanti.
Gli Amministratori comunali attuali dovrebbero fare un monumento al maiale e all’asino, due dei principali animali domestici che hanno salvato i Badolatesi da tantissime situazioni di precarietà e persino di fame.
Un monumento-tributo di riconoscenza come ho suggerito alle pagine 126-128 del libro “Prima del Silenzio” (edito nel giugno 1995).
Purtroppo la riconoscenza non è ancora un vero valore sociale e storico. Ed anche per questa forte carenza di gratitudine si perde la bussola culturale e persino religiosa, principalmente del sacro.
Prima di tale provvedimento di igiene sociale (seguito poi negli anni 80 dal definitivo disuso delle porcilaie per come imposto dalle nuove leggi sanitarie) i maiali giravano liberamente per il paese ed entravano persino nelle case (dove, ad esempio, un maiale ha mangiucchiato i piedini di una bambina, che io ho conosciuto da adulta).
Cosicché, adesso tali piccoli quartieri dei maiali (per il diffusissimo fabbisogno domestico, soddisfatto adesso dalle macellerie con allevamenti industriali in aperta campagna) sono illuminati turisticamente come “monumento” di un tempo che fu.
Inoltre, se posso permettermi, il fuoco che fuoriesce dai culetti dei maiali può anche far riferimento al peccato di sodomia, che era segretamente ricorrente in Badolato come in tante altre parti del mondo (in particolare nei paesi del nostro sud, probabilmente come da abitudine antica praticata da greci, latini, arabi, ecc.).
Sodomia sia maschile che femminile.
Specialmente nei tempi dell’antica adolescenza quando l’accesso alla sessualità era proibita prima del matrimonio.
Tante ragazze, ad esempio, per restare vergini ed andare illibate all’altare, preferivano i rapporti anali.
Ma c’è un altro aspetto inquietante allora in uso.
Infatti, la sodomia era imposta a persone (uomini e donne) che avevano fatto un grave sgarbo a qualcuno, il quale si vendicava con una specie di sodomia collettiva per umiliare e maltrattare il malcapitato/a.
Ciò potrebbe significare una sorta di girone dantesco dei sodomiti per vendetta o per piacere.
Tra l’altro, la sodomia per vendetta aveva bisogno di testimoni adatti allo scherno e all’umiliazione del sottoposto/a. Il discorso sulle abitudini sessuali e i relativi peccati in paesi come Badolato potrebbe occupare un lungo capitolo a sé stante, se non addirittura un vero e proprio trattato.
Sintetizzato da queste anime penitenti che girano di notte per il paese con il culetto in fiamme.
4 – CASE E CHIESE CHE CROLLANO
Badolato, per il paese che è sempre stato (pure come numero di abitanti), aveva più chiese del necessario.
Nel corso del secolo 20° (caratterizzato da spopolamento e minor controllo dei fedeli) è stata crescente la spoliazione delle 9 chiese dentro le mura di Badolato e delle cinque chiese rurali (edificate prima del secolo 19mo), a parte le cappelle e le icone disseminate nel territorio.
A parte i furti “normali”… a tale spoliazione non era estranea nemmeno la classe ecclesiastica (intendendo, oltre al clero, pure coloro che a vario titolo, erano responsabili di arredi, mobili, altri oggetti e quanto altro, probabilmente pure in tempo di guerra o per antica tendenza).
Dopo tutta questa “spoliazione” sono rimaste solo le mura in alcune chiese (specialmente al convento francescano).
Adesso quasi tutte le chiese badolatesi versano in uno stato sempre più precario ed alcune rischiano di crollare per l’incuria, a cominciare dai tetti, mentre parecchie tele e dipinti sono ormai in gran parte irrecuperabili.
L’allarme lo dà lo stesso Gianni Verdiglione, il quale, da sempre preoccupato di tale emergenza, ha più volte segnalato tale andazzo e, adesso, con queste installazioni sui penitenti, torna a sollecitare seri interventi prima che tutto diventi archeologia irreversibile.
Per certi versi, si salva soltanto la chiesa del convento francescano (già troppo impoverita) restaurata recentemente e meritoriamente dai ragazzi di “Mondo X” e dalla Soprintendenza del Ministero della Cultura (specialmente nel ripristino della bellissima e importante statua in legno della Madonna circondata dagli Angeli in coro e musicanti, magnifica opera di Fra’ Diego da Careri, secolo 17°).
Da quando il 07 ottobre 1986 ebbi a lanciare l’allarme per la salvezza dell’intero borgo, con un intero ed intenso biennio sotto i riflettori internazionali (07 ottobre 1986 – 31 ottobre 1988), mi sono preoccupato di evidenziare la situazione assai critica delle chiese badolatesi.
Così (con il patrocinio gratuito del quotidiano nazionale dei Vescovi italiani “Avvenire”) ho organizzato (a spese mie) il giro di tutte le chiese le quali, con la collaborazione dell’allora parroco don Vincenzino Gallellli, restarono aperte per tutta la giornata di domenica 07 giugno 1987 anche se alcune erano rimaste chiuse per anni.
L’incanto dei visitatori, specialmente forestieri, è stato enorme (nonostante l’avvilente stato di conservazione).
Ma l’entusiasmo finì con quella giornata. Nessuno si ebbe poi ad interessare concretamente della salvezza delle chiese.
Rivedi paragrafi n. 1 e n. 16 di domenica 27 marzo 2019 << https://www.quotidianosociale.it/lettere-a-tito-n-240-il-fai-fondo-ambiente-italiano-e-badolato-1987-2019/ >> .
5 – I PENITENTI DI S. CATERINA JONIO SUPERIORE E DI FOCA’
Ho saputo che Gianni Verdiglione ha realizzato una installazione pure per i Penitenti di Santa Caterina dello Jonio Superiore (come dimostra la foto qui evidenziata).
Ho parecchi ricordi di questo paese posto a circa 450 metri sul livello del mare (uno dei più suggestivi “balconi sullo Jonio) e confinante con il comune della mia Badolato, dal cui borgo dista pochi chilometri.
Lo frequentavo spesso quando ero bambino delle scuole elementari, principalmente per due motivi relativi al fidanzamento prima e al matrimonio poi di mio fratello Vincenzo e di mia sorella Rosa.
Ho avuto la possibilità di trascorrere lunghi soggiorni estivi. Spesso ero ospite della gentilissima e affettuosissima signora Concetta Carnovale, zia di mia cognata Giulia Carnovale.
Pure lei mi intratteneva con tanti racconti, però non ricordo ci fossero le narrazioni dei morti o dei penitenti. Probabilmente sì. Inoltre, stavo sempre in compagnia di Mariano, figlio di Salvatore Lazzaro, suocero di mia sorella Rosa, quando stavo qualche giorno a Santa Caterina Superiore.
Mariano aveva un paio di anni più di me e mi ha fatto praticamente conoscere tutto il paese.
La domenica mattina andavo a servire messa alla chiesa Matrice.
Ho amato molto questo borgo che si diceva fosse nato anticamente da una costola di Badolato.
Comunque, tra Badolato e Santa Caterina c’erano da sempre una stretta connessione sociale e una simpatia generale.
Infatti, tra tano altro, i badolatesi preferivano sposare le ragazze catarisane e queste i ragazzi badolatesi.
Diciamo che c’è sempre stata un’intesa fraterna tra le due comunità, molto simili tra di loro.
A quel tempo (1958-62), con mio fratello Vincenzo (che era Ufficiale Giudiziario della nostra Pretura) giravo spesso tutti i quattro paesi del Mandamento (tra cui Isca sullo Jonio e Guardavalle). Ed è stata davvero una bella ed utile esperienza.
Anche perché mio fratello si faceva volere bene e rispettare da tutti e con tutti era assai cordiale e molto umano e comprensivo specialmente nel suo a volte difficile lavoro.
Se Gianni Verdiglione ha pensato di realizzare una installazione pure a Santa Caterina dello Jonio Superiore, dove è stata accettata con entusiasmo, vuol dire che c’è adeguata materia di narrazione riguardo i Penitenti.
Vedremo se ci sarà un sèguito.
6 – LA CALABRIA COME SPECIALE “GENIUS LOCI”
Pure così sono entrato nell’anima di questo Luogo (Santa Caterina dello Jonio Superiore), nel suo “genius loci”. Infatti, la spiritualità delle singole persone e di una intera comunità rendono un Luogo davvero speciale ed unico, pur nel contesto dei sentimenti universali. Ho conosciuto tantissime brave persone e sono entrato nel cuore di molte di Loro.
Anche a Santa Caterina Jonio mi sono sentito parte autentica del popolo, così come in Badolato, così come in Calabria ovunque andassi.
Fuori dai confini della Calabria, non sempre, ma il più delle volte mi sono sentito “ospite” per quanto gradito.
Questa è la Calabria, un Luogo davvero speciale dove non ti senti mai “ospite” ma parte autentica dei Luoghi e delle Persone, delle Comunità ovunque vai.
Ho scritto più volte che della Calabria, che tutta mi piace oltremisura (dal Pollino allo Stretto), preferisco la provincia di Reggio, dove ho trovato sempre un affetto indescrivibile.
Qui, più che in altre parti ho trovato l’etica proto-italica, come sulle montagne delle Serre e della Sila.
Un’etica non ancora corrotta dalle modernità che hanno reso irriconoscibili alcune parti della Calabria.
Probabilmente l’antica origine della famiglia di mia madre, i Menniti, era proprio nella provincia di Reggio, dove il cognome Minniti o Menniti è ancora oggi molto diffuso.
Dal gennaio al maggio 1969 ho frequentato a Locri il secondo anno di Liceo Classico e, sul treno nel viaggio da Badolato, ho conosciuto alcuni ragazzi e ragazze che salivano nelle stazioni lungo quei 51 km di percorso ferroviario.
Veramente brave persone, tra cui Mimmo Vetrìce di Focà di Caulonia, il quale poi ha sposato una ragazza badolatese altrettanto brava e bella (dono poi stato compare d’anello al loro matrimonio nel febbraio 1974).
Gianni Verdiglione, che da anni abita proprio a Focà, poco fa mi ha inviato questa foto di una chiesetta basiliana-bizantina, alla quale ha applicato una piccola installazione di Penitenti.
Come tante altre antiche chiese, specie se rurali, pure questa di Focà rischia di crollare in mezzo ad un aranceto (che il più delle volte è umido in tutte le stagioni).
C’è tutto un prezioso patrimonio ultra-millenario che rischia di sgretolarsi in Calabria e altrove.
Fa quindi bene Gianni a ricordare come e quanto sia importante avere attenzione alla conservazione e alla valorizzazione di tutto questo patrimonio che è uno dei garanti dei valori più genuini e necessari della nostra proto-Italia e della nostra proto-storia locale e regionale.
Bravissimo Gianni, insisti!…
7 – I PRINCIPALI RISCONTRI ALLA 505
Adesso è il momento di sciorinarti un po’ di riscontri da parte di qualcuno che ha letto la precedente “505”.
Per tua curiosità, hanno risposto soltanto 40 persone (il 20% circa dei miei contatti cui ho inviato il link della 505) … hanno scritto per esteso i 24 riscontri qui di sèguito riportati e 16 si sono espressi soltanto con gli “emoticon” (i disegnini).
1 – << Lettera piena di poesia, di spiritualità e di (oserei dire) fede di cui Noi, generazione di confine, come da Te giustamente definiti, sentiamo il bisogno >> (DRC – Soverato);
2 – << Ciao Mimmo. Oggi ti devo rileggere ancora più tardi perché ciò che scrivi mi prende troppo! >> (R.P. – Milano);
3 – << Argomento interessante. Sono possibilista, però mi fa paura parlare di queste cose >> (B.L. – Catanzaro);
4 – << E’ meritoria la narrazione dei simbolici “Miti badolatesi” della tradizione orale che tu ora, in forma scritta, tramandi alle future generazioni, impedendo così che vada perduta la memoria collettiva …
Con questo tuo scritto (come con altri precedenti) offri visibilità a solerti figure che realizzano opere inquadrabili tra le creazioni artistiche e il fine artigianato … >> (G.D. – Davoli Marina);
5 – << Noi … siamo davvero un anello di congiunzione speciale tra l’antico vero e il vero nuovo … >> (A.N. – Provincia di Caserta);
6 – << Mito, fede, superstizione … il passo è breve >> (A.L.V – Chivasso – TO);
7 – << E’ un prezioso patrimonio che andrebbe meglio valorizzato dalla comunità! >> (W.N. – Pisa);
8 – << Grazie prof. leggerti è una goduria. Più tempo passa e più mi rendo conto che nel 1970 ho lasciato il lavoro in Germania molto ben retribuito per tornare nella nostra terra e non mi sono sbagliata! >> (N.C.);
9 – << Ciao Mimmo. Ho appena letto le tue lettere, ma mi ha particolarmente colpito la n. 505. Cosa dirti?… UN UOMO VERO IN UN MONDO FALSO … E’ LA NOSTRA CALABRIA … >> (M.B.R. – Borgia);
10 – << Ho letto. Bellissimo. Anche mia nonna vedeva i suoi cari defunti e altri del paese. Grazie per queste gocce di Calabria che mi proponi … assai preziose per me.
Stima ed affetto per te crescono di pari passo.
Sei un grande calabrese … >> (MRDR – Cosenza);
11 – << Buondì, una leggenda simile a quella del “Fanciullo” e dei “Morti in processione” nella notte tra Ognissanti e il 2 novembre a Squillace… >> (F.P.);
12 – << Tonino u sceriffu era Tonino Saraco, mio cugino ed anche Rafeli ‘e Lapuni.
Padre Silvano il mio prof. di religione, lo facevo disperare.
E tanti altri che conosco.
Secondo me è anche un modo di ricordare queste persone tanto care al nostro affetto… >> (A.T.C. – Badolato);
13 – << L’idea che girano il paese (io lo chiamo ancora “paese” – il borgo è venuto dopo) mi piace e mi piacerebbe vederli >> (G.D.Z. – Badolato);
14 – << Molto interessante! >> (V.E.R. – Pescara);
15 – << Ho letto. Bella tutta la storia! >> (L.G. – Agnone); 16 – << Sarebbe un tema da approfondire. Troppo emozionante! (MLS – Como);
17 – << Caro Mimmo, leggo sempre con molto piacere ciò che mi mandi. La nostra Calabria, tenera e ricca di poesia come i suoi personaggi di cui tu scrivi … un luogo dove tutti insieme ci ritroviamo per vivere e ricordare meglio! … >> (B.T. – Lamezia Terme);
18 – << Interessante la tradizione dei Penitenti, davvero molto interessante! >> (R.M. – Vasto);
19 – << Calabria tanta Storia >> (M.M. – Roma);
20 – << Bei racconti, a volte molto simili ai nostri. Purtroppo si stanno perdendo perché nessuno li scrive. Peccato! >> (G.O. – Poggio Sannita – IS);
21 – << Tantissime grazie da Tommy. Sicuramente questo Gianni Verdiglione sarà cugino di Dante Alighieri!… >> (T.B. – Isernia);
22 – << Ciao, Mimmo. Grazie del pensiero e del racconto. Sei promosso Senatore a vita per gentilezza e cordialità! >> (A.M.C. – Latina);
23 – << Ciao, ho letto con piacere la n. 505. Complimenti per l’impegno che ci metti e la passione nel raccontare e commentare le nostre tradizioni, in particolare le nostre origini di Prima Italia.
Un affettuoso abbraccio! >> (P.M. – Soverato);
24 – << Grazie per tutti gli aggiornamenti che mi inoltri. Alcune tradizioni del nostro paese mi risultano nuove. Buono a saperle! >> (L.R.N. – Perugia).
8 – VERDIGLIONE E LO SPOPOLAMENTO DEI BORGHI
Caro Tito, a parte i suddetti significativi riscontri avuti via “whatsapp”, ci sono stati alcuni amici che mi hanno telefonato a riguardo.
Costoro hanno mostrato di apprezzare molto gli sforzi e l’arte di Gianni Verdiglione per raccontare e contribuire a tenere vivo il borgo di Badolato e lo incoraggiano a proseguire.
Uno di questi mi ha chiesto come può fare per dare un contributo in denaro per le spese artistiche … però gli ho risposto che Gianni non accetta contributi nemmeno per la “pietre parlanti” poiché c’è un gruppo di amici che lo sostiene.
Un altro ha fatto la più ovvia battuta- slogan … “Nel borgo fantasma i fantasmi di Verdiglione” …
Ed un altro ancora mi ha detto scherzosamente “Tu hai cercato di riempire il borgo di acquirenti e di turisti, Gianni lo riempie di morti, così Badolato è davvero un paese di morti viventi” …
Battute e slogan a parte, la situazione è piuttosto seria, poiché – da come mi viene riferito – Badolato borgo è vessato dalla piccola criminalità che effettua frequenti furti nelle case, specialmente di quelle famiglie forestiere che noi chiamiamo “neo-badolatesi”.
Forse questi ladruncoli di paese sono i veri fantasmi che nuocciono al rilancio effettivo del borgo.
Non c’è modo di intervenire efficacemente?…
Così come bisognerebbe intervenire per salvare dallo sgretolamento le chiese (e le case), specialmente quelle che versano nelle peggiori condizioni, prima tra tutte quella di San Domenico ed anche il palazzone dei baroni Paparo su Corso Umberto (la ex Via Maggiore, denominazione che sarebbe meglio ripristinare, cancellando dalla toponomastica tutti i Savoia super-predatori e stragisti del Sud).
Inoltre, i miei interlocutori si dicono molto lieti per quelle associazioni (pure di Badolato Marina) che si prodigano per ravvivare il borgo con le loro rappresentazioni socio-culturali e religiose.
A loro va pure il mio plauso personale.
Ne ho scritto e pubblicato quando ne ho avuto la possibilità.
Tutto ciò andrebbe incentivato.
Al massimo possibile.
9 – SALUTISSIMI
Caro Tito, forse bisognerebbe conquistare ed acquisire un diverso ordine di idee rispetto a quello in uso attualmente, dove la competizione più estrema, il consumismo e le distrazioni di massa stanno, passo dopo passo, distruggendo il nostro spirito di comunità.
Spirito di comunità che Gianni Verdiglione (da raffinato Poeta ed Artista umanista quale è da sempre) sta dimostrando (sia con le “Pietre parlanti” che con “le installazioni sui Penitenti” ed altre amorevolezze sociali) di poter esistere persino nel ricordo e nel culto collettivo e non soltanto familiare dei propri cari defunti.
Fare posto ai sentimenti, alla tenerezza e all’Amore soprattutto sociale è il messaggio finale.
Mi sembra di capire.
L’imminente Natale può essere un momento privato, comunitario e solenne di riflessione su questi grandi temi proposti da Gianni ed imposti da una globalizzazione attuale che tende (con il clima, le troppe diseguaglianze planetarie e le guerre) a compromettere l’esistenza stessa del genere umano.
A furia di scherzare col fuoco va a finire che veramente bruceremo tutti.
L’autodistruzione è una realtà resa sempre più concreta dalla follia di chi governa il mondo con mentalità ancora antiche ed imperialistiche.
Urge interrompere, per quanto possibile, tale spirale. Perciò, non ci può essere augurio migliore, in occasione del prossimo Natale.
In avvicinamento a questa ricorrenza-promemoria di pace e fratellanza, cerchiamo di dare il nostro contributo personale e sociale per un mondo concretamente pacifico e giusto, a partire dalla nostra comunità paesana.
Un fraterno abbraccio a tutti.
Ciao!
ITER-City, lunedì 04 dicembre 2023 ore 11.44 – Da 56 anni (dal settembre 1967) il mio motto di Wita è “Fecondare in questo infinito il metro del mio deserto” (con Amore).
La foto, cui i diritti appartengono ai legittimi proprietari, è stata prese dal web