23 Novembre 2016
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MONTAURO (CZ) – SI RIAPRE L’INDAGINE SULLE SCORIE RADIOATTIVE DOPO IL SERVIZIO DE “LE IENE”
Negli anni ’90 i cugini Fausto e Augusto Squillacioti, pescatori poi morti per una rarissima forma di leucemia, avevano tirato su dalle acque di Calalunga “qualcosa di strano” ….
di Francesco PUNGITORE
MONTAURO (CZ) – 23 NOVEMBRE 2016 – Carabineri del Noe (Nucleo operativo ecologico) di Catanzaro e della Compagnia di Soverato, coadiuvati dai Vigili del Fuoco del reparto Nbcr (Nucleare, batteriologico, chimico, radiologico), hanno effettuato, nella mattinata odierna, analisi, prelievi e carotaggi in località “Calalunga” di Montauro, finalizzati a individuare eventuali tracce di scorie radioattive.
Un intervento che scaturisce in seguito all’inchiesta realizzata da Giulio Golia per la trasmissione televisiva “Le Iene” di Italia 1, andata in onda ieri sera e ancora visibile sul sito internet di Mediaset. Già il titolo della puntata era abbastanza eloquente: “Inquinamento radioattivo in Calabria?”.
E la cosa si è fatta ancora più preoccupante quando quel punto interrogativo si è tramutato in una esclamazione, a fine puntata. Golia si è portato, infatti, alla foce del fiume “Franco”, proprio nel bel mezzo del Golfo di Squillace, e ha registrato con un contatore “Geiger” livelli di radioattività superiori di trenta volte il limite normale in natura. “Quasi come a Chernobyl!” ha esclamato il conduttore.
Cosa c’è, dunque, in quel tratto di mare? E’ la domanda che Giulio Golia si è posto nell’arco di 16 minuti di servizio, concentrando l’attenzione delle sue telecamere nella zona di Calalunga, a Montauro, per raccontare la storia di due pescatori, Fausto e Augusto Squillacioti, due cugini morti per una rarissima forma di leucemia (la leucemia mieloide cronica). Negli anni ’90 entrambi avevano tirato su qualcosa di strano con le loro reti da pesca. “Una palla informe” è stata così descritta nel servizio. Toccandola avevano avvertito subito un malessere immediato.
Negli stessi giorni, nella stessa zona, i residenti avvistavano in mare un fusto di colore giallo e nero che, secondo alcuni testimoni oculari rintracciati e intervistati da Golia, riportava il simbolo del pericolo radioattivo impresso sulle lamiere. Questo è, per l’appunto, il nesso causale ipotizzato da “Le Iene”. E’ possibile che sotto quell’acqua, forse a mille metri di profondità, siano stati affondati dei rifiuti tossici radioattivi? E’ possibile che quella sia la causa della patologia mortale contratta dai cugini Squillacioti che prima di quella pesca sfortunata godevano di ottima salute?
Una indagine della magistratura su quel bidone sospetto rinvenuto in mare c’è stata, in base a quanto dichiarato a “Le Iene” dall’ing. Stefano Colosimo, incaricato di effettuare dei prelievi di sedimenti in quella zona di mare. Il fascicolo è, poi, finito nell’armadio dei casi archiviati. Ma adesso che la vicenda è arrivata sui media nazionali è subito scattato un ulteriore approfondimento da parte degli inquirenti.
Tra le stranezze di questo caso, c’è da rilevare anche un potenziale collegamento con il mistero della scomparsa del capitano Natale De Grazia, l’ufficiale della marina morto in circostanze sospette mentre indagava sull’affondamento della nave Rigel al largo delle coste calabresi. Sul suo tavolo erano finite anche le carte di Calalunga. Ma non fece mai in tempo ad occuparsene.