26 Aprile 2016
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PRESERRE (CZ) – LIETOCOLLE PUBBLICA IL NUOVO LIBRO DI ALESSANDRO ASSIRI
Secondo Bonificacio Vincenzi “Lettera a D.” è «un transitare tra gli strati di quella Vita che riconosciamo come nostra»
di REDAZIONE
PRESERRE (CZ) – 26 APRILE 2016 – Com’era prevedibile nel primo trimestre del 2016 sono uscite diverse raccolte di poesie. Alcune buone, altre meno buone. Altre ancora veramente pessime. Sicuramente una tra le più interessanti è Lettera a D. di Alessandro Assiri (LietoColle), che ha già ricevuto, a poco più di un mese dalla pubblicazione, diverse recensioni.
Sul quotidiano “L’Arena” Daniela Andreis così scrive:
“«Lettere a D.», di Assiri, sua ultima silloge, per LietoColle – tra i suoi ultimi lavori In tempi ormai vicini e Lo sciancato e Caterina, per Cfr Edizioni, La stanza delle poche righe, Manni editore, Appunti di un falegname senza amici, LietoColle – è, appunto, un lungo discorso solo formalmente interrotto dalla forma – in forma di poesia, parafrasando Pier Paolo Pasolini – perché leggendolo il libro la primissima impressione è quella di un colloquio – soliloquio? – la cui bellezza sta nel fatto che continuamente si cerca a chi sia indirizzata la parola, la mente indaga, spulcia particolari – in fondo mi accudisci in un modo che sarebbe piaciuto/a uno qualunque dei tuoi cani/ nutrivi il mio piacere in modo articolato – per dare un volto, una sembianza a D.”
Anche lo scrittore calabrese Bonifacio Vincenzi dal suo blog “Il sogno di Orez” parla molto bene del libro di Assiri:
“Lettera a D. –scrive Vincenzi – è un libro da leggere perché segna un movimento, un passaggio tra zone d’intensità differente in un tempo non più misurabile o regolabile. È un transitare tra gli strati di quella Vita che riconosciamo come nostra. Un cercare di ricominciare su un altro piano ciò che realmente non si potrà più ricominciare.
Magia della Poesia! Magia del Silenzio che parla!
“ti ritraggo meglio in aprile/ in uno dei nostri inferni moderatamente soleggiati/ coi piccoli fallimenti delle passioni raccontati come vita leggendaria./ Potevo sentire tutto il tuo struggimento per le cose inutili/ per i labirinti in cui da sempre ti ritrovi/ per l’ossessione che coltivi da anni per il cinema tedesco/ e per il mio immaginario che da sempre tratti come ospite malato o come/ sradicato soccombente alla Bernhard/ (di cui ti vanti sempre di possedere quasi tutto)./ Stendo grandi quantità di colore per la lista dei tuoi interpreti/ per i manifesti delle tue scene interiori/ per fermare i tuoi strilli sulla tela e i pantaloni a fiori che ti alzavano il culo/ quando qualcuno ti aveva immaginato femmina inventandosi un mondo.” (A D. Che ha imparato a restar vivo)
Imparare a restar vivi per, alla fine, potersi dire: “Ogni tanto mi illudo che esserci ti sottragga a un sortilegio/ poi mi accorgo che tu non mangi quasi mai per fame/ tu mangi per durare e a volte cali come sipario nei teatri.”
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