PRIMO PIANO – CATANZARO – DIGA MELITO – Grazioso Manno attacca tutti
Nella conferenza stampa di stamattina alla sede del consorzio di bonifica “Ionio Catanzarese” il presidente ne ha avuto per Astaldi, burocrazia e Valentino
di Franco Polito
CATANZARO – 5 GIUGNO 2014 – Determinato. Sereno. Tranquillo. Ottimista sulla ripresa dei lavori entro la fine dell’anno. Pronto a presentare un nuovo esposto alla magistratura. Era un coacervo di tutti questi stati d’animo il presidente del consorzio di bonifica Ionio catanzarese Grazioso Manno alla conferenza stampa di qualche ora fa sulla vicenda della Diga Melito.
Nel salone delle conferenze del Palazzo della Bonifica di via Veraldi, Manno ha parlato per circa due ore. Un fiume in piena il suo dire. Dopo quattro anni di silenzi, ad eccezione di qualche isolata uscita, Manno ha detto di tutto e di più. <<Adesso parlo io>> ha esordito. Poi Manno ha ricostruito la storia della Diga. Dagli inizi fino ad oggi. Dei lavori cominciati a febbraio del 1991 e che avrebbero dovuto concludersi nel 1997. Dello stato di avanzamento, fermo oggi solo al 10%.
Ha parlato delle concessioni. Dei primi lavori con Italstrade. Del blocco e della ripresa dopo l’atto di transizione con Astaldi Spa che aveva assorbito l’Italstrasde, l’impresa che nel 1990 si era aggiudicato l’appalto esperito con licitazione privata dall’allora consorzio di bonifica “Alli Punta di Copanello”. Si è soffermato sugli aspetti giudiziari e burocratici che <<ne stanno bloccando – ha riferito – la realizzazione a discapito delle popolazioni di Gimigliano, Fossato Serralta e Sorbo San Basile, sul cui territorio doveva sorgere la struttura, e dello sviluppo della Calabria e del Mezzogiorno>>.
Ha messo a disposizione dei giornalisti materiale e documenti. Un mare magnum di documenti. Ha attaccato. Nel mirino l’Astaldi, la ditta che avrebbe dovuto completare l’opera. Nel mirino la burocrazia lenta e farraginosa. Nel mirino Giuseppe Valentino, segretario della Cgil provinciale di Catanzaro, che da qualche anno lo attacca con sistematicità.
Nella sala delle conferenze del Palazzo delle bonifiche erano in tanti. Il mondo consortile, alcuni rappresentanti delle organizzazioni agricole di categoria, i sindaci di Gimigliano, Fossato e Sorbo, i dipendenti e gli amministratori del consorzio. La conferenza, però, l’ha voluta affrontare da “solo”. Preceduto da un brevissimo saluto dell’addetto stampa consortile Claudio Venditti. <<Da solo – ha chiarito – per assumermi le responsabilità di quello che dirò>>. Dopo 24 anni di passione e di una battaglia di giustizia e legalità le spalle ce le deve avere sicuramente larghe. Talmente larghe da dire che <<analizzati tutti gli incartamenti, a mio avviso, si può parlare di truffa da parte di Astaldi Spa perché non si possono bloccare le opere iniziate dopo avere sottoscritto il 22 luglio del 2003 un atto di transazione comprendente la clausola secondo cui “i lavori riprenderanno sulla base del progetto originario, come modificato dalle tre perizie approvate dal Consorzio, che l’impresa dichiara di ben conoscere e di cui ne ha già valutato la piena fattibilità”>>.
Manno non si ferma. E’ battaglia fino in fondo. <<L’impresa – dice – avrebbe voluto apportate delle varianti al progetto originario. Ci siamo opposti con ogni mezzo per bloccare il tentativo che potesse recuperare gli eccessi di ribasso>>. Manno è un vulcano. In mano fa gironzolare la sigaretta. L’oscillazione danza con le sue parole. Dice che pur di arrivare alla realizzazione della Diga sono stati compiuti tutti i passi. Compreso l’atto di transazione. <<Un atto – attacca – che ad Astaldi, rispetto al quadro economico dell’appalto del 14 gennaio 1991 di 115 milioni 966 mila 444, 30 euro, ha fruttato una differenza in più di 96 milioni 176 mila 313, 96 euro (180 miliardi delle vecchie lire), per un importo complessivo di 212 milioni 142 mila 758,26 euro>>.
Davanti ha una catasta di documenti. Tra essi alcune sentenze. Vuole sapere se valgono o meno. Vuole sapere se la giustizia esiste o meno. Tira fuori la n. 71 del 2001 con cui la Cassazione a Sezioni Unite decidendo sul ricorso presentato dai ministeri dei Lavori Pubblici e dell’Ambiente confermò, andando oltre in senso favorevole, la sentenza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche che accoglieva le tesi Consorzio in materia di impatto ambientale. <<In pratica – afferma Manno – la Via, la dichiarazione di impatto ambientale, non serviva per completare la Diga. A quel punto avremmo potuto procedere con i lavori e ultimarli risparmiando i circa 97 milioni di euro in più incassati da Astaldi. Chi pagherà per questi soldi?>>.
Domande che chiamano altre domande e che preannunciano azioni giudiziarie. La burocrazia lenta e discordante è al centro delle sue parole. Come quando il presidente del Consiglio D’Alema emanò una direttiva che per sbloccare alcune opere pubbliche simili alla Diga citava la sentenza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche favorevole al Consorzio. <<Se per sbloccare altre opere simili – racconta Manno – D’Alema citò la sentenza a noi favorevole, significava che tra le opere sbloccate avrebbe dovuto anche rientrare l’invaso di Gimigliano. Per il primo ministro sì, per i ministeri dell’Ambiente e delle Infrastrutture no perché la Diga sul Melito non era espressamente menzionata nella direttiva del capo del Governo>>. I ministeri appellarono la sentenza. In cassazione il consorzio ebbe ragione. <<Preferirono fare ricorso – incalza Manno – Noi citeremo tutti quei funzionari. Se hanno sbagliato dovranno pagare>>.
Guarda alle popolazioni danneggiate Manno. Guarda al lavoro che dal completamento della diga potrebbe arrivare e alleviare l’oltre 60% di disoccupazione giovanile calabrese. L’argomento lo porta alle polemiche con Valentino. <<Mi accusa di avere pagato per l’arbitrato? Falso. Mi accusa dell’assunzione di 9 dipendenti? E’ falso – dice Manno – ne ho assunti 58 di cui 4 a tempo indeterminato e gli altri a tempo determinato con chiamata diretta. Mi accusa di avere licenziato dei lavoratori? E’ falso. Noi non abbiamo licenziato nessuno. Abbiamo rispettato la data di scadenza contrattuale prorogata di 8 mesi>>. Manno la mette sul piano della domanda. <<Come mai – si chiede Manno – nel 2004, all’atto di assunzione dei lavoratori per il progetto diga Valentino non dice nulla ma successivamente mi denuncia? Due pesi e due misure forse determinate dal fatto che tra le assunzioni del 2004 c’era qualcuno vicino alla Cgil? >> e poi un’altra considerazione. <<Come mai – sottolinea – ogniqualvolta c’era un problema con Astaldi, Valentino se ne è venuto furoi con una denuncia? Fate voi. Io so che i suoi comportamenti sanno di antico e di sindacalista vecchio stampo>>.
La battaglia continua. L’obiettivo è ultimare la Diga. Nel suo progetto originario. Si guada al Governo con risolutezza. Si guarda al decreto Salva Italia e alla Cabina di Regia per la Calabria in cui far rientrare la Diga. Al consorzio sono convinti di essere sulla strada buona. <<Ai poteri di Roma – annuncia Manno – chiederemo se l’opera intendono farla o non farla. Altrimenti restituiamo le chiavi del cantiere dopo anni di sacrificio e sudore su quella che doveva essere il più grande invaso d’Europea e fornire acqua alla provincia di Catanzaro, alla città di Lamezia Terme fino al Monte Poro e ad alcune zone del crotonese>>.
O dentro o fuori. Non si scappa. E, come ha più volte ribadito, con il progetto originario a cui applicare le tecniche ingegneristiche sopravvenute. Prima che il quesito arrivi nella Capitale, Manno lo porrà certamente al ministro per gli Affari Regionali Maria Carmela Lanzetta, attesa a Catanzaro per la fine di giugno.
Le strade che si stanno seguendo sono tante. Il punto di arrivo è uguale per tutte. E per tutte vale la stessa certezza: al consorzio, infatti, sono convinti che questo sarà l’anno buono. <<Penso che entro il il 2014 – conclude Manno – dal Governo ci daranno il via libera per ultimarla>>.