SOVERATO (CZ) – I PRIMI CENTO ANNI DI “DON PEPPINO GUALTIERI”
Festeggiato il noto industriale e pioniere del lavoro, grande imprenditore nel settore della vendita delle attrezzature alberghiere
Articolo e foto di Gianni ROMANO (Il Quotidiano del Sud)
SOVERATO (CZ) – 15 OTTOBRE 2017 – Festeggia i suoi cento anni, Giuseppe Gualtieri industriale e pioniere del lavoro, grande imprenditore nel settore della vendita delle attrezzature alberghiere, la festa e la targa dell’amministrazione comunale con il sindaco Ernesto Alecci.
Più che una lunga vita sembra la trama di un bel film. Don Peppino Gualtieri nacque a Davoli Superiore il 12 ottobre del 1917, ultimo di 18 figli. Si chiamava come suo padre Giuseppe che perse all’età di 1 anno. Il papà fabbro e la mamma tessitrice di telaio. Crebbe tra stenti e miseria. Tutti, fratelli e le sorelle, aiutavano per sostenersi e poter sopravvivere.
Anche lui, sin da piccolo, iniziò a lavorare il ferro e già a 12 anni costruiva lampadari e cornici in ferro battuto tanto che un notabile di Davoli, lo notò e gli propose di portarlo con sé a Milano. Dove, a 16 anni, entrò a lavorare nella Siai Savoia-Marchetti, (famosa tra gli anni venti e quaranta, era una delle principali ditte aeronautiche italiane), dove dimostrò grande talento, tanto da essere apprezzato e gratificato.
Lì, – racconta orgoglioso Don Peppino con un vigore da fare invidia – sfidò un ingegnere “milanese” ideando e creando un brevetto, (un cannello per saldature su diversi metalli e leghe), che precorse i tempi. Lo sfidò giusto per il gusto di dimostrare che la gente del Sud, come lui, non era da meno in quanto ad inventiva ed intelligenza come invece pensavano al Nord.
Inoltre, imparò a costruire frigoriferi e quando la “Siai” chiuse i battenti, (a causa della seconda guerra mondiale), lui preferì scendere in Calabria con l’intento di migliorarla economicamente. Con pochi macchinari che aveva comprato a Milano ed in un piccolo laboratorio a Soverato, iniziò la sua attività di artigiano come imprenditore creando la ditta Silafrigor , prima industria di costruzione impianti frigoriferi iscritta alla camera di commercio di Catanzaro con il numero di telefono 2, (il numero 1 ce l’aveva la banca).
I frigoriferi costruiti servivano bar, macellerie e negozi alimentari. Fu il primo a costruire frigoriferi (grandi impianti) in Calabria. Il lavoro aumentava sempre di più tanto da assumere molti operai (24 dipendenti), non specializzati e che dovette istruire.
Nel 1949 sposò Carmelina Sarno, originaria di Amalfi. Ebbero 6 figli che mantennero agli studi e aiutarono economicamente, rendendoli autonomi ed indipendenti.“era un lavoratore che non si fermava mai”- tiene a sottolineare con un po’ di commozione la figlia Giovanna – “però trovava il tempo di farci fare delle scampagnate e delle domeniche spensierate, tutti insieme in famiglia.”
Costruttore di case che affittò ad Enti Pubblici, – ribadisce con orgoglio l’altra figlia Marisa, – alla realizzazione di tutte le scuole di Soverato: Alberghiero, Liceo Scientifico, Scuola Media, Ragioneria e Geometria e della caserma dei Carabinieri e Finanza. L’età che avanzava e dopo decenni di sfide imprenditoriali e il dolore di aver perso l’amata moglie Carmelina, si ritirò per occuparsi del suo amato vitigno di Davoli.
Lasciando la tradizione imprenditoriale nelle mani esperte dei due figli Alfonso e Ernesto Gualtieri. Che – ricordano – “quanta dedizione al lavoro aveva il papà e come era ricercatore di novità che precorrevano i tempi.” Come anche il nipote Domenico De Marco che lo definisce un “instancabile rivoluzionario”.
Alla sontuosa festa a Villa Ersilia, erano presenti, oltre ai suoi figli, tutti i suoi nipoti e pronipoti, i dipendenti, Don Pasquale Rondinelli (parroco di Soverato), e il Sindaco Ernesto Alecci che ha donato una targa per sottolineare “la lungimiranza di un uomo, di un imprenditore, un faro e un esempio per le nuove generazioni.”
Ad oggi, Don Peppino, convive con la propria cecità, sperando sempre in una nuova scoperta scientifica che riesca a donargli nuovamente la vista. Quindi non ha fretta di andarsene, almeno fino a che non riuscirà a rivedere i colori della vita.
E a chi gli chiede quale consiglio vuole dare ai giovani e a tutti noi, lui risponde che “la fretta è una cattiva consigliera e che le cose hanno un loro tempo, bisogna perseverare ed essere pazienti.”