STALETTI’ (CZ) – Bocconi avvelenati contro i randagi, indagano i carabinieri
Sono diversi i gatti trovati morti a cause di esche al veleno disseminate in diversi punti del paese. Del fatto è stato informato il comandante della stazione dei carabinieri di Gasperina
Articolo e foto di Gianni ROMANO (Il Quotidiano del Sud)
STALETTI’ (CZ) – 12 APRILE 2015 – A Stalettì una mano crudele sta gettando delle esche avvelenate, causando la morte tra atroci sofferenze di gatti randagi, gatti indifesi, alla ricerca solo di una mano buona e caritatevole che possa dargli una tazza di latte o altro.
Invece qualcuno pensa che questi randagi siano un problema e stanno gettando in più punti in paese queste polpette intrise dal veleno, sono molti i randagi trovati morti, di questo è stato informato il comandante della stazione carabinieri di Gasperina, mentre le esche avvelenate sono state rinvenute e mandate per i dovuti controlli agli enti di competenza.
Il fenomeno dei bocconi avvelenati è tanto grave e diffuso quanto poco considerato e conosciuto. Si tratta di una pratica crudele con cui si provoca la morte di un animale tramite l’ingestione di un’esca (come una polpetta avvelenata). Benchè i dati noti siano estremamente scarsi, si può stimare che il fenomeno ogni anno coinvolga, da una parte all’altra d’Italia (con alcune regioni di spicco, tra cui Toscana, Umbria e Abruzzo), migliaia di animali selvatici, randagi e domestici.
L’animale vittima dell’esca muore di una morte atroce: molti dei veleni usati per preparare le esche agiscono lasciando l’animale completamente lucido tra gli spasmi della sofferenza fino al sopraggiungere della morte. In Italia, la detenzione e l’abbandono di bocconi avvelenati (comprese esche con metalli, vetri o plastiche) è un reato così come disposto dall’ordinanza del 18 dicembre 2008; l’avvelenamento di un animale è un reato del codice penale, ovvero uccisione di animali (legge 189/2004), punibile con la reclusione fino a 18 mesi; la distribuzione di sostanze velenose è un reato punibile con la reclusione fino a tre anni e una multa fino a 500 euro (art. 146 del Testo Unico delle Leggi Sanitarie).